Valle Caudina: l’ombra dei servizi segreti sul patto camorra-sequestro Cirillo

Redazione
Valle Caudina: l’ombra dei servizi segreti sul patto camorra-sequestro Cirillo

Valle Caudina. Il Caudino aveva già trattato le oscure vicende riguardanti la trattativa seguita al sequestro di Aldo Moro, che in questi giorni sono tornate alla ribalta a causa delle dichiarazioni di Raffaele Cutolo. Il nostro giornale aveva trattato questa storia nell’ambito di una nostra inchiesta sul l’uccisione dell’avvocato Errico Madonna. Nell’ambito di quella inchiesta intervistammo anche il giudice Alemi che ci rese delle dichiarazioni fortissime.

Questa l’intervista al giudice Alemi

Non ha bisogno di controllare le carte. Sono trascorsi 29 anni, ma Carlo Alemi, da meno di due anni non è più presidente del Tribunale di Napoli, ha scolpito nella memoria quando volò a New York per interrogare Errico Madonna, il cervinarese avvocato di Raffaele Cutolo.
La storia è tornata di attualità con l’estradizione di Pasquale Scotti, dopo 32 anni di latitanza in Brasile.
Lo stesso Alemi è convinto che “Collier”, così veniva definito Scotti per aver regalato una collana di altissimo valore alla signora Cutolo, è certo che non rivelerà i segreti che lui conosce perché rischia un caffè alla Sindona.
L’ex magistrato intende dire che rischia di essere assassinato come il banchiere Michele Sindona.
Raggiungiamo telefonicamente Carlo Alemi, il quale con estremo garbo accetta di parlare con “Il Caudino” di misteri che affondano le radici nella storia del nostro paese.
Una storia di servizi deviati, di patti tra Stato e camorra, di depistaggi e di omicidi rimasti irrisolti.
Una storia che passa per Cervinara e per l’omicidio di Errico Madonna.
Alemi volò a New York perché nella grande Mela era stato individuato ed arrestato Madonna nel 1987.
L’avvocato di Cutolo non fuggiva solo dalla giustizia italiana, cercava di mettersi in salvo anche dai killer della Nuova Famiglia che stavano decimando i cutoliani.
Il magistrato, invece, indagava sul sequestro e la liberazione di Ciro Cirillo.
Quello che lo Stato non fece per Moro, lo mise in campo per un oscuro assessore regionale all’urbanistica, tanto da chiedere a Cutolo di trattare in suo nome con le Brigate Rosse.
La ragione era semplice: in Campania stavano per giungere migliaia di miliardi per la ricostruzione del dopo terremoto del 1980 ed i soldi erano stati già divisi tra camorra, politica ed imprenditoria.
Un patto più che criminale di cui Cirillo, uomo di Gava, era il depositario.
In questo contesto si muoveva l’inchiesta di Alemi, nella difficile ricerca della verità.
Presidente, che impressione le fece Madonna?
“Era stremato ed impaurito. Aveva una lussazione alla spalla e me lo portarono ammanettato nella sala interrogatori. Sa, negli States non vanno troppo per il sottile. E, dopo una iniziale titubanza, iniziò a parlare confermando il quadro che mi ero fatto del sequestro e della liberazione di Ciro Cirillo”.
Rivelazioni esplosive? 
“Si – ci dice Alemi- ma non solo per il sequestro. Madonna mi spiegò la partecipazione dei Cutoliani nell’uccisione di Roberto Calvi che si tentò di far passare per un suicidio. Un intreccio perverso tra camorra, mafia, banda della Magliana e, come sempre, i nostri servizi segreti”.
Le parole di Madonna, quindi, furono dirompenti?
“No- si anima l’ex magistrato -. Una volta estradato in Italia, al processo Enrico Madonna negò tutto e disse che io mi ero inventato tutto. Qualcuno durante il viaggio e nel carcere italiano gli aveva fatto cambiare idea. Per inciso, l’interrogatorio fu verbalizzato e si svolse alla presenza del suo avvocato tanto che io chiesi che fosse incriminato per calunnia. Ora posso farle io una domanda? – Ci chiede il magistrato- . A che punto sono le indagini sul suo omicidio?”.
Gli raccontiamo che dopo 23 anni non esiste una pista, un sospetto su mandanti ed esecutori. Risposta che conferma la sua tesi che vede la manina dei servizi dietro a quell’omicidio.
“Veda – ci dice – era stato già avvisato: in carcere aveva quasi perso un occhio ma quando uscì rilasciò una intervista che fece suonare mille campanelli di allarme e tre giorni  dopo fu ucciso. Per questo credo – conclude Carlo Alemi – credo che Collier non parlerà”.

Peppino Vaccariello