Valle Caudina: il mio Natale senza tredicesima
Antonio è un papà di 40 anni. Vive e lavora in Valle Caudina. Per motivi di privacy, eviteremo di dare ulteriori informazioni sul suo conto.
La sua è una storia molto comune.
Un diploma; tanti anni in giro per l’Italia a fare i più disparati mestieri. Poi riesce a trovare un lavoro nei pressi del suo paese natio e decide di restare in Valle.
Si sposa con una sua compagna di classe e il matrimonio è benedetto da due figli.
Lo incontriamo per un caffè a pochi giorni dal Natale.
Antonio ci dice di essere molto fortunato: “ho un lavoro in casa mia; certo, non vengo pagato tutti i mesi regolarmente ma almeno ho una entrata in famiglia. Peccato che questo Natale sarà un po’ più sobrio del solito”.
Il motivo è presto detto: “L’azienda è in difficoltà; almeno cosi dice il mio capo che, buon per lui, gira con una fuori serie da 100mila euro. Non mi pagheranno la tredicesima e lo stipendio, se non ci sono imprevisti, lo riceverò il 23 di dicembre. Poco male: starò più attento ai regali”.
Antonio non vuole lamentarsi: “Non sai quante persone in Valle Caudina non hanno un lavoro e il Natale lo passeranno come un giorno qualsiasi. Mi spiace solo che lavori tutti l’anno, non prendi un giorno di malattia, fai anche dieci ore di lavoro al giorno ma alla fine ciò che ti spetta non lo avrai”.
Si sente quasi in colpa, questo giovane papà. Come se chiedere un proprio diritto, quello di avere la tredicesima, fosse un lusso da non potersi permettere. “La situazione qui è cosi: c’è poco da fare. Se lascio il lavoro, mi aspetta la disoccupazione o qualcosa al nero. Almeno così i contributi li tengo”.
E’ triste Antonio: per se stesso e per i tanti che sono senza un sostentamento. “Mi fa rabbia solo una cosa – ci confessa – che i miei capi non si fanno mancare nulla e che questo Natale loro lo passeranno chissà dove e con quali lussi. Mio figlio avrà un regalino; i loro ne avranno tantissimi da non farci caso. E’ una ingiustizia: per me, la mia famiglia e per coloro che un lavoro non lo tengono”.
Gli chiedo perché non si ribella. “A chi, scusa? Dovrei rivolgermi ad un sindacato: chi li ha mai visti? Tu hai mai visto un sindacato in una azienda in Valle Caudina? E lo sai che se mi rivolgo al sindacato poi addio lavoro. E soprattutto chi mi prenderebbe a lavorare sapendo che mi sono rivolto al sindacato?”
La prospettiva di Antonio è quella comune a tanti: “Non so quando, ma è chiaro che dovrò andare via da questa terra. Che futuro posso offrire ai miei figli?”
Angelo Vaccariello