Cronaca: Messe nere e riti satanici in Valle Caudina
C’è una Valle Caudina che molti non conoscono, una parte della nostra realtà che si nasconde tra le foglie degli antichi alberi del Partenio o tra le sperdute campagne tra Bonea e Moiano.
C’è un territorio al limite tra sacro e profano, un sottile confine che cammina lungo il sentiero stretto che separa la luce dalle tenebre.
Molto spesso leggiamo notizie, informazioni, leggende lontane dalla nostra vita quotidiana. Eppure non è così.
Abbiamo incontrato nei giorni scorsi un uomo di Chiesa, di quelli con le spalle forti e larghe. Sorriso gentile, lungo passato alle sue spalle e sempre una parola di conforto. Con lui abbiamo parlato di segnali, disegni, gesti che spesso passano inosservati ma che, nel loro profondo, nascondono un significato pieno e denso. E non sempre positivo.
“Cervinara, Montesarchio ma anche Rotondi e Moiano: sono tante le persone che provengono da questi paesi con cui mi confronto ogni giorno”, racconta seduto alla scrivania. Preferiamo non dire il suo nome anche se ci ha autorizzato a farlo perché non vogliamo metterlo al “centro dell’attenzione”. “La mia” – rivela sornione – “è una missione semplice: condurre le anime a nostro Signore e non far parlare di me”.
Il viso sereno ma stanco dalla lunga giornata (lo incontriamo abbondantemente dopo le diciannove) rivela un apostolato lungo e complesso.
“Molto spesso” – spiega – “si sottovaluta il disagio degli uomini e si ignora quello delle anime. Nella nostra cultura, nella realtà della Valle Caudina, la vostra realtà, ad esempio la superstizione è un fatto normale, scontato. Anzi, qualche volta si è derisi se non ci si ferma quando un gatto nero taglia la strada oppure quando non si fanno certi gesti al passaggio di un carro funebre. Ebbene: che fede è mai questa? Ci ricordiamo di essere cattolici solo quando vogliamo difenderci dai musulmani? Siamo seri”.
Il suo racconto si arricchisce di dettagli, di storie, di persone e di volti.
“In Valle Caudina non sento una puzza di zolfo (facciamo chiaro riferimento al demonio). Eppure se allarghiamo il punto di vista” – continua il nostro interlocutore – “i segnali della presenza del divisore ci sono tutti. Ricordiamoci che il demonio è colui che separa”.
Gli chiediamo dettagli ulteriori: se conosce casi concreti. Ed ecco il colpo di scena: tira fuori il telefonino e ci fa vedere delle foto (quelle che pubblichiamo in fondo).
“Queste vengono dai monti del tuo paese, da Cervinara” – dice -. “Hai mai fatto caso a questi segni? Sì, lo so. Ora mi dirai: giochi di qualche ragazzino in vena di scherzi. E ti faccio una profezia: quando le pubblicherai, qualcuno ti prenderà in giro. Ebbene io ti garantisco che non è così: questi sono indicazioni chiare e precise di come raggiungere un luogo per celebrare un rito satanico. Tutto ciò avviene a Cervinara”.
Guardo bene le foto, non sono convinto. “Fidati, è Cervinara. Ed è un fenomeno che desta molta preoccupazione. L’evidenza? Una comunità divisa nella fede. Quando la Chiesa è separata al proprio interno, allora è chiaro che lui ci sta mettendo lo zampino”.
“Se guardi bene” – continua – “sono indicazioni per un percorso: a chi sono destinate? Dove conducono? I segni sono chiaramente quelli che portano ad un rito satanico: messa nera o spiritismo, non saprei. Di certo: la croce rovesciata, il numero della Bestia (666) sono elementi che non lasciano dubbi”.
Non solo Cervinara, però, anche “Montesarchio, Moiano, Rotondi, Bonea: l’oscurità getta la sua ombra un po’ ovunque”.
(1 – continua)