Valle Caudina: quell’ascia che decapita le nostre illusioni
Bisogna interrogarsi seriamente su quello che succede
Valle Caudina: quell’ascia che decapita le nostre illusioni. Vivere in una Valle, circondati da due catene montuose, immersi nella natura. Vivere in piccoli borghi, dove ci conosciamo tutti non ci preserva dall’orrore. Da questa mattina, in tanti, subito dopo, il fratricidio di ieri sera a Pannarano, hanno messo le mani avanti, specificando che stiamo parlando di una comunità laboriosa, coesa e solidale. Così come sono tutte le nostre comunità
Alibi non richiesti
Come se tutto questo bastasse a tenere fuori dalle porte delle nostre case la follia, la furia omicida che si può scatenare, improvvisa e terrificante, a Tokio come a Pannarano. Quello di continuare a credere di vivere in isole felici è racconto stantio che ci serve a presentare alibi, assolutamente, non richiesti.
Come del resto, ogni giorno che Dio manda in terra, da queste parti tagliano servizi, servizi essenziali e noi restiamo muti e, quel che è peggio, rassegnati.
E vogliamo parlare delle comunità solidali? Altra favola che ci piace raccontare, ma a cui non credono più neanche i bambini. Oramai è assodato che la nostra solidarietà vuol dire elargire qualche spicciolo o magari pagare qualche caffè al bar. Poi tutti a casa a goderci le nostre comodità, cullati dal bieco e cieco egoismo.
Chi sta leggendo questo articolo si starà chiedendo cosa c’entrano queste riflessioni con il fratricidio di Pannarano. Purtroppo hanno attinenza, hanno una forte attinenza.
Il disagio psichico
Innanzitutto nessuno si chiede veramente cosa si faccia per il disagio psichico. Chi ha qualche sofferenza del genere, nella nostra splendida Valle Caudina, nei piccolo borghi laboriosi e solidali, se non ha una famiglia e una possibilità economica alle spalle, non c’è nessuno che se ne prenda cura veramente.
Dalle nostre parti è già una conquista avere un medico di base che ti prescrive i farmaci, figuriamoci se le Asl, quelle di Avellino e Benevento, pensano alle cure specialistiche. Benito Miarelli era una personalità border line.
Ma quale struttura pubblica lo curava? Nessuna, zero su zero. Perché nella nostra splendida Valle Caudina, nei nostri borghi laboriosi e solidali, non esiste questo tipo di servizio. In caso di estrema necessità, i sindaci sono costretti ad ordinare i famosi tso, trattamento sanitario obbligatorio.
Il paziente viene trasportato in un centro specializzato dove gli vengono somministrati psicofarmaci e dopo cinque o sei giorni viene rispedito a casa, con buona pace per Franco Basaglia e le sue lotte.
La magnifica conquista sociale
Certo, qualcuno obietterà, ci sono i servizi sociali dei comuni, oramai in mano ai piani sociali di zona. C’è la famosa assistenza integrata tra asl e piani di zona che aveva l’aspirazione di essere una magnifica conquista sociale. Appunto, un’aspirazione è rimasta. I disagi sociali aumentano ed i servizi si contraggono. Figuriamoci cosa dovrebbe avvenire con l’autonomia differenziata.
Infine, non per ultima, manca ancora un altro ombrello che in passato è servito a riparare dal precipitare di queste situazioni. Manca il ruolo sociale delle parrocchie. Le chiese sono sempre più vuote, le associazioni che si costituivano intorno ad esse, annaspano o non esistono più. Ai sacerdoti piace circondarsi di persone rassicuranti. E gli altri? Gli altri vagano tra il buio e la luce.
Poi succede l’irreparabile. Il sangue degli innocenti macchia le strade della nostra splendida Valle Caudina, dei nostri borghi laboriosi e solidali. L’ascia che ha decapitato quella testa è stata armata dai nostri alibi e dai racconti di un’isola felice che, forse, non è mai esistita.