Valle Caudina, rapporto Dia, clan sempre più attivi
Il clan Pagnozzi è vivo e vegeto. Decimato da operazioni e processi, il gruppo criminale che fa capo a “o’ giaguaro”, operativo nella Valle Caudina, ha interessi anche nelle province di Benevento e Caserta oltre che nell’Avellinese. E’ un quadro breve, ma chiaro quello che propone la Direzione Investigativa Antimafia nell’ultima relazione presentata al Parlamento, quella dedicata al secondo semestre del 2013.
In provincia di Avellino sopravvivono, grazie alle attività illegali, i clan storici: Cava, Graziano e Pagnozzi. Anzi si registra perfino una riorganizzazione dei Genovese nel capoluogo irpino. Un dato che lascia capire quale sia il grado di compenetrazione sociale ed economica dei gruppi criminali avellinesi che non lasciano, dal punto di vista logistico, i confini delle zone di origine.
I Pagnozzi, i “signori” dell’area Caudina, operano anche nelle limitrofe province di Caserta e Benevento, grazie ad accordi con i clan delle zone confinanti.
L’Irpinia-Sannio è l’unica area della regione Campania dove vi sono meno tensioni nei rapporti tra clan criminali. Sono quelle, come indica il report Dia, dove i camorristi decidono di scontare pene di tipo diverso dalla custodia in carcere.
I Pagnozzi risultano alleati con gli Sparandeo di Benevento e i cartelli operanti a Casal di Principe e Marcianise.
Il gruppo criminale della Valle Caudina è stato colpito da un’importante operazione dell’ottobre del 2013: l’arresto di Domenico Pagnozzi, il figlio del capo-clan, per omicidio. Il criminale, detto “o’ professore”, è accusato di aver ucciso nel 2001 a Roma, Giuseppe Carlino, boss della Capitale, per vendicare l’assassinio di Gennaro Senese, avvenuto a Centocelle quattro anni prima. Un procedimento giudiziario destinato ad indebolire ulteriormente il clan, se venisse confermata la richiesta dell’accusa nei confronti di Domenico Pagnozzi: l’ergastolo.
Giovanni Sperandeo