Valle Caudina: Stupidi, ridicoli… ma famosi
Il pluralismo informativo, argomento molto dibattuto in riferimento ad ogni contesto sociale, in quanto alla base di ogni forma democratica, assume sempre più le caratteristiche di una “imago sine re”, “una immagine senza sostanza”. Non si vuole qui certamente discutere di pluralismo informativo nella sua mera accezione nozionistica che si lega imprescindibilmente all’onestà giornalistica, spesso corrotta dagli assetti politici e sociali in genere, quindi ai media e alla quantità eccessiva di “fake news” ad essi connessa. Ci si vuole concentrare, invece, su un elemento che, apparentemente, non ha nessuna connessione con quanto detto sino ad ora. Si tratta della capacità sempre più marcata degli strumenti di mediazione di “dementificare” l’opinione pubblica, ponendo in rilievo fatti che, o sono in grado soltanto di suscitare ilarità, o che potrebbero portare con sé un qualche insegnamento se solo venissero presentati con questo intento, e non con quello totalmente opposto di fare audience sfruttando menti deboli e limitate. Come tutto ciò si connetta al pluralismo informativo appare chiaro nel momento in cui si pensa che, per dare spazio a tali questioni, si oscurano argomenti ben più importanti e che certamente avrebbero una ricaduta migliore sull’assetto sociale che, in questo modo, progredirebbe in ogni aspetto, a partire da quello democratico. Si sa, infatti, che è l’ignoranza la base di ogni dittatura. Cosa ancor più grave e degna di nota, è che, dando risalto a determinati individui senza alcun merito, che da semplici cittadini entrano a far parte della categoria “vip”, si induce facilmente all’emulazione di vere e proprie idiozie per arrivare ad essere famosi, e ancor peggio, a sentirsi tali. A ciò si aggiunge la sensazione di impotenza e di smarrimento che tutto questo genera in coloro i quali, invece, si sforzano ogni giorno di migliorare le proprie competenze, per essere in grado di adempiere a quelle funzioni di cui invece lo Stato e la società necessitano: anni di studio o di lavoro per vedersi avvolti dal più totale anonimato, senza alcun tipo di riconoscimento pubblico.
In realtà, però, non bisogna trascurare che per chi sceglie il “percorso più arduo”, la consapevolezza e la soddisfazione, almeno da un punto di vista strettamente personale, ci sono sempre state, in quanto ogni sacrificio si traduce in nuove capacità e, la prima, è quella di rendersi conto della negatività di tali fenomeni. Queste persone, infatti, mantengono ancora saldi determinati valori, quali l’integrità morale, che, invece, in alcune coscienze, “s’ann scagnat comm a pelliccett” .
Annamaria Pia Clemente