Valle Caudina: ucciso dal lavoro a soli 34 anni, giustizia e verità per Emanuele
E' la tragica storia di un ragazzo di San Martino Valle Caudina

Valle Caudina: ucciso dal lavoro a soli 34 anni, giustizia e verità per Emanuele. Oggi al giornale ci è arrivata una lettera dei familiari di Emanuele Pisano. Emanuele era un ragazzo di 34 anni di San Martino Valle Caudina, padre di una bimba, che ha perso la vita, il nove luglio del 2023, in un cantiere ad Altavilla Irpina.
La missiva dei familiari tocca tantissimi nervi scoperti della questione lavoro in Italia. Purtroppo, la questione sicurezza in Valle Caudina è ancora più grave. Come se non bastasse, da noi il fenomeno è accompagnato anche da salari bassissimi. I familiari vogliono giustizia, una richiesta sacrosanta e avvisano che non si fermeranno, come è giusto che sia, davanti a niente e a nessuno.
Ci ha colpito un passaggio della lettera, ci ha colpito come un pugno allo stomaco. Scrivono i familiari che Emanuele aveva sogni semplici. Sogni semplici vuol dire lavorare, faticare duramente per portare il pane a casa. I sogni semplici di Emanuele sono stati infranti sul nascere.
Leggiamo con attenzione le parole dei familiari di Emanuele perché quello che è capitato a lui potrebbe succedere ad un nostro figlio e ad un nostro fratello.
La missiva dei familiari
Emanuele era un figlio,un fratello ,un padre, un operaio. Emanuele era un uomo di 34 anni con una figlia da crescere, Rayssa…aveva sogni semplici: un lavoro stabile, un futuro dignitoso, la voglia di farcela con le sue forze.
Il 9 giugno 2023 ha perso la vita ad Altavilla Irpina mentre lavorava su una pensilina. Una capriata l’ ha colpito. Non è caduto… è stato lasciato cadere da un sistema che avrebbe dovuto proteggerlo.
Senza formazione adeguata. Senza casco.Senza misure di sicurezza. Senza nessuno a vigilare.
Era lì,da solo,a svitare bulloni sotto una capriata instabile e quest’ ultima l’ ha colpito, l’ ha schiacciato, ha strappato via un padre a sua figlia, un figlio a sua madre.
Dopo la tragedia è iniziata un’ altra lotta:quella per la verità .Chat di lavoro cancellate. Ricostruzioni poco chiare. Responsabilità sminuite o negate. Dichiarazioni contraddittorie.
Secondo alcune testimonianze chi doveva vigilare ha detto di non sapere. Chi era alla guida del mezzo ha riferito di non aver visto. Chi aveva competenza sull’area ha affermato che i lavori non erano ufficialmente iniziati. Eppure Emanuele era lì, su quella pensilina e stava lavorando.
Allora noi familiari ,gli amici ,chi ha voluto bene ad Emanuele, chi l’ha conosciuto ,chi ha un’ anima ci chiediamo: come è stato possibile ?Chi ha consentito che si lavorasse in quelle condizioni?
Chi avrebbe dovuto controllare?
Chi avrebbe dovuto fermare quel pericolo prima che diventasse morte?
La colpa non è di chi muore. Se un lavoratore perde la vita è perché non è stato protetto, proprio per questo noi ci aspettiamo risposte chiare sulle responsabilità di chi non ha garantito la sua sicurezza.
Emanuele è stato un lavoratore, una vittima,un simbolo.La sua storia parla anche per chi non ha voce.
Noi non dimentichiamo.
Non accettiamo silenzi.
Non accettiamo che la sua morte venga archiviata come fatalità.
Pretendiamo chiarezza, processi trasparenti, pene proporzionate, memoria collettiva. Per sua figlia,per ogni operaio invisibile,per ogni genitore che non deve più piangere su una bara bianca.
Il vostro silenzio è la nostra rabbia.
La vostra indifferenza è il nostro grido .La vostra impunità non durerà.
Abbiamo scritto al Presidente della Repubblica per chiedere giustizia, verità e attenzione sulle gravi carenze nella sicurezza sul lavoro. Il Segretario Generale della Presidenza della Repubblica ha risposto, esprimendo vicinanza umana per la tragica perdita di Emanuele.
Ha sottolineato l’ impegno del Capo dello Stato sui temi della sicurezza e della dignità del lavoro, ci è stato ricordato che il Presidente non ha poteri diretti sui procedimenti giudiziari, affidati alla magistratura. Ma ci ha rivolto un invito: non perdere fiducia nella giustizia e nella forza della verità.
Noi non ci fermeremo.La fiducia da sola, non basta.Pretendiamo che questa tragedia venga riconosciuta per ciò che è: una ferita aperta nel Paese.Emanuele non è solo un nome su un fascicolo.E’ una storia che interroga tutti.
E’ un grido che deve risuonare nelle istituzioni e nelle coscienze.Noi famiglia Pisano chiediamo Giustizia e verità per Emanuele e per tutto i lavoratori.Basta Morire di Lavoro!!!!!