Il Vangelo della domenica a cura di don Lorenzo Varrecchia
“La gente chi dice…” l’inciso del Vangelo di Marco con cui la Chiesa accompagna la meditazione di questa XXIV domenica dell’ordinario, a noi uomini e donne del ventunesimo secolo suona familiare. Quante volte ci chiediamo e spesso ci lasciamo condizionare dal “dice” della gente. Quante volte il consenso o l’approvazione degli altri,vicini o lontani, segna l’ago della bilancia di scelte essenziali ed esistenziali. Questa domanda è cruciale in quanto determina una virata nella narrazione di San Marco, se sin d’ora di fronte alle gesta di Gesù la gente andava chiedendosi “ … chi è costui che parla con autorità” in questo preciso istante narrativo è Gesù stesso che provoca i suoi. Nell’epoca di Wikipedia tutti noi avremmo saputo rispondere con dovizia di particolari circa la cronologia della vita Sua e dei suoi congiunti, saremmo stati certo più precisi sui particolari di date e luoghi affidando la nostra conoscenza di Gesù a qualche motore di ricerca. Ma solo chi sa ascoltare saprà in seguito parlare correttamente.La risposta rivela tutta la superficialità e l’approssimazione con cui gli uomini,di ieri e di oggi, si accostano alla vita di Gesù e del loro prossimo. Egli dovette sentir dire di sé” … sei uno dei tanti profeti”, riconosciamo la tua particolare missione, l’essere ovviamente un profeta grande al pari del Battista e compagni ma se pur vicino ti consideriamo lontano. Quanta santa tristezza provocò quella risposta nel cuore di Gesù, lui l’Emmanuele un Dio con noi che la gente percepisce come un Dio lontano da noi. Non è forse questa la nostra “ attitude” nei confronti di Gesù. Lo riconosciamo presente ma non per noi, grande di una grandezza che non ci avvolge e coinvolge, vivo senza alcun interesse nel viverLo. Non sono forse di questo colore gli intrecci di relazioni che viviamo quotidianamente, nascondiamo il volto dentro cellulari alla moda ignari di ciò che avviene a chi ci cammina a fianco. Osservatori interessati delle altrui vite consideriamo la nostra poco interessante. Chi sono io per te, chi sei tu per me, uno dei tanti o uno tra tanti, così si consuma la tristezza. L’ Amore del Cristo non accenna a fermarsi, Egli non si arrende ne si stanca anzi torna a chiedere, Chi sono io per te? L’amore di Dio per noi vuole sottrarsi all’ ovvietà di risposte prefabbricate, alle eleganti liquidazioni, alle educate indifferenze, Egli vuole entrare in relazione, costruire un dialogo, interessato alla tua vita la ritiene interessante. Agli occhi di Dio l’uomo non è un performer così come la sua vita non è una performance , non è una cronologia o un curriculum, non è un numero né un suo insieme, non è una definizione né un aggettivo, non è un paragone né un catalogo di perfezioni. Nel Tu di Dio scopriamo l’io dell’uomo. Cosa ci rimane da fare per scrollarci di dosso l’insoddisfazione che accompagna i nostri giorni ed è causa di tutti e di ogni male? Non fuggire da questo interrogativo che Gesù ha rivolto e continua a rivolgere a coloro che Egli ama :” chi sono per te, che posto mi dai nella vita tua?”. Solo dalle Sue vie possiamo ripartire nella costruzione della felicità è di un mondo con minori paure e meno fantasmi. Ricordando che quando l’uomo fuggì da Dio si sentì orfano, quando fuggì dai suoi simili sperimentò la solitudine è la paura, quando fugge da se stesso si scopre profugo e forestiero. A noi dunque il compito della risposta che mai come in questo caso può essere figlia solo della preghiera, della preghiera del cuore. Buona domenica e buona vita in Cristo.