Voleva il 100 alla maturità, gli danno 98, si rivolge al Tar e vince la causa

Redazione
Voleva il 100 alla maturità, gli danno 98, si rivolge al Tar e vince la causa

Voleva il 100 alla maturità, gli danno 98, si rivolge al Tar e vince la causa. Covid, didattica a distanza, lezioni in presenza al contagocce e il rischio del metaforico «sei» politico, l’anno scorso (quello nefasto a causa del coronavirus), non hanno certo scoraggiato lo studente N.C.

Per tutto il quinquennio delle superiori, si è chinato sui libri e ha studiato con un unico obiettivo: prendere 100 alla maturità. E così, quando la commissione d’esame del liceo Rosmini di Rovereto l’ha «licenziato» con 96 non si è limitato a storcere il naso ma si è rivolto al Tar.

Altro che sfiorare il top, puntava al top. Che, alla fine, ha raggiunto. Non tanto per sentenza, ma per un «ripensamento coatto» degli esaminatori costretti dal tribunale regionale di giustizia amministrativa a rivedere il proprio giudizio.

La strigliata

Con tanto di strigliata all’iniziale diniego a ritoccare il voto invocando il libero arbitrio e soprattutto l’insindacabilità del proprio operato. Una giustificazione che il Tar non ha gradito e che ha rimandato al mittente con perdite.

Perché non solo lo studente, adesso, è stato premiato col 100 ma perché la Provincia (competente sul Rosmini) dovrà pure pagare 1.500 euro. E tutto per non aver attribuito, in sede di valutazione, i cinque punti in più discrezionali.

In verità, il dirigente scolastico ha provato a sostenere che la commissione ha ribadito all’unanimità il 96 visto che, a loro dire, il percorso dello studente sarebbe stato buono, ma non proprio eccellente.

Il disagio della commissione

Ed ha pure espresso «disagio nel momento in cui il voto di una commissione d’esame non è ritenuto insindacabile» rappresentando perfino «di subire come atto di violenza l’imposizione di una qualsiasi aggiunta di punteggio».

Il Tar non ha gradito questa presa di posizione: «Quanto alla reazione, risentita e a tratti stizzita, dei docenti è appena il caso di rilevare che gli insegnanti, per il ruolo educativo e di esempio rivestito, non possono pretendere di essere legibus soluti.

E, quindi, di poter disattendere quelle regole che, tra l’altro, nel caso di specie essi stessi si sono dati, pur errando nella loro formulazione. In tal senso non può che essere ribadito che “contro gli atti della pubblica amministrazione”, tra cui assodatamente rientrano le scuole pubbliche, “è sempre ammessa la tutela giurisdizionale.

Sia dei diritti e che degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa” e che; per consolidata giurisprudenza in tema di pubblica istruzione, i giudizi espressi dai docenti nei confronti degli studenti sono invero connotati da discrezionalità tecnica.

La valutazione

Poiché il livello di maturità e preparazione raggiunto dai singoli alunni costituisce espressione di una valutazione che riflette le specifiche competenze del corpo docente e che è perciò insindacabile e che, peraltro, in tale contesto al giudice amministrativo compete comunque di verificare se il procedimento, a conclusione del quale tale giudizio è stato formulato, sia conforme o meno al parametro normativo.

Ovvero ai criteri deliberati previamente dal collegio stesso e non risulti inficiato da vizi di manifesta illogicità, difetto di istruttoria e travisamento dei fatti». Insomma, l’agognato 100 della maturità scientifica alla fine è arrivato se con un anno di ritardo.