Airola/Luzzano: Sant’Andrea, la strada che torna indietro

Un editoriale del nostro Giacomo Porrino che sottolinea l'assoluta mancanza di comunicazione tra amministrazioni locali

Redazione
Airola/Luzzano:  Sant’Andrea, la strada che torna indietro

Airola/Luzzano: Sant’Andrea, la strada che torna indietro( Giacomo Porrino ) . Come molti sapranno, esistono nel mondo alcuni luoghi che sebbene non permettano di viaggiare nel tempo ci restituiscono però plasticamente la percezione della dimensione dello spazio-tempo e della nostra maniera di attraversarlo con il cumulo del vissuto quotidiano.

Pompei ed Ercolano, cristallizzate nel noto disastro del 79 d.C. Skara Brae, in Scozia, un villaggio del neolitico preservato dalla sabbia. Derinkuyu, nella Cappadocia, una città letteralmente costruita al contrario, lungo otto livelli sotterranei. Chichén Itzá, in Messico, città della cultura Maya costruita interamente su precise conoscenze astronomiche. E altri luoghi non meno interessanti, ai quali se ne aggiunge uno proprio in Valle Caudina.

Esattamente tra i centri abitati di Airola, Luzzano e Moiano. La strada lungo l’area collinare tra il Monte Oliveto, anticamente la collina dei Sette Dolori (dal nome della chiesa a ridosso del castello, oggi conosciuta con il titolo della Addolorata), le propaggini del Tairano e il colle di Sant’Andrea che rivela infine l’abitato di Luzzano.

Una strada molto importante per la storia degli abitati di Luzzano e Airola, quando ancora era usata quasi esclusivamente per collegare i due centri urbani. Luzzano è stato da sempre connotato da un estesa rete viaria che attraverso la rete collinare circostante, permetteva lo sviluppo di rapporti commerciali preminentemente con la Valle di Suessola.

Non mi soffermo su questi aspetti, i quali sebbene ancora inediti porterebbero via troppo spazio. E qui dobbiamo tornare al tempo. Un tempo inedito, un tempo inatteso, un tempo sorprendente.

È passato circa un anno da quando l’amministrazione comunale di Airola ha promosso un lavoro di recupero di questo antica struttura viaria, che oggi assume un indiscutibile valore paesaggistico. Quale che sia l’opinione su questa amministrazione, si tratta in ogni caso di un lavoro cui non può sfuggire l’utilità e il beneficio per quanti ancora amano percorrere questi luoghi tanto rimarchevoli.

Ma soprattutto per il principio, niente affatto scontato oggigiorno, secondo cui tanto necessaria è l’opera di recupero delle antiche strutture della viabilità. Ricordando sempre che recuperare una strada è importante, occuparsi della sua manutenzione ordinaria lo è molto di più.

Dunque tutto molto bello, tranne il fatto però che questa iniziativa meritoria si ferma bruscamente a un certo punto della strada. Semplicemente perché proprio in quel punto termina il demanio del comune di Airola e inizia quello di Moiano.

E la strada, repentinamente, diventa un altro luogo, diventa un altro tempo. Uno scivolo spazio-temporale di perlomeno trent’anni addietro. Asfalto fatiscente quando non del tutto dissolto, dissesti evidenti, uno stato di abbandono incontestabile. Tutto lungo la stessa strada, un luogo dove è possibile imbattersi accidentalmente in una anomalia marcata da una schizofrenia temporale davvero singolare.

Una singolarità che potrebbe permettere a chiunque, procedendo da Airola in direzione di Luzzano e Moiano, di lasciare un messaggio: «Non ho più batteria, ci sentiamo ieri». Oppure, «Ho cercato notizie di te, ci sentiremo trent’anni fa».

Beninteso, personalmente tenderei a preferire talvolta uno stato di abbandono a uno invece segnato da pessimi e disastrosi interventi. Non mancano purtroppo esempi in questo senso. Ma non è questo il caso, e soprattutto non è questo il punto.

Quello che rende eguali i due rami del tracciato è per altro curioso paradosso proprio la presenza di un nugolo di antenne, che poste proprio sul ciglio della strada hanno assunto nel corso del tempo la forma di un vero incastellamento emissivo.

Di cui nessuno, o quasi, conosce la reale portata e gli effetti sulla salute dei centri urbani sottostanti. Tra queste preziosità spicca l’alta antenna verde, quasi un traliccio dell’alta tensione stante la sua dimensione ipetrofica. Scampoli metallici e tracotanti di una imprevista letteratura Sci-Fi nel pieno di un ambiente collinare prezioso e vilipeso senza neanche pensarci due volte.

Un impatto sul paesaggio sfuggito, per così dire, a coloro i quali non amano questi luoghi, così come gli uffici che hanno eventualmente rilasciato autorizzazioni in merito. E mi chiedo se quanti avrebbero dovuto farlo, abbiano coinvolto la cittadinanza sollecitandola a esprimersi su un tema delicato e niente affatto marginale.

E tutto questo perché le amministrazioni locali non mostrano di avere una cospicua comunicazione reciproca. Tutto questo perché la frammentazione amministrativa porta in tutta evidenza anche queste distonie, sono evidenti a chiunque. Ma immagino lo siano ancor più proprio a quelli che magari diranno il contrario. Immagino con argomentazioni fondate e irrefragabili.

Tutto questo perché quanto chiedevo, proprio a ridosso della campagna elettorale delle ultime tornate amministrative, se avesse cioè ancora avuto un senso l’esistenza di piccole e ormai insostenibili realtà comunali come Moiano o altri abitati di simile cabotaggio, non era poi una domanda così tanto peregrina.

E in questo stato di cose, quanta credibilità può mai esibire la cosiddetta città caudina? Senza girarci troppo intorno, si tratta solo una carnevalata senza la nobiltà del Carnevale. Il fantasma di un corpo mai vissuto. Denota la vitalità del sito archeologico di un luogo mai esistito.

E tornando infine alla nostra formidabile macchina del tempo, si può prudentemente presumere come gli amministratori parlino lo stesso idioma italico. Avranno pur frequentato più o meno le stesse scuole, presumibilmente percorrendo lo stesso itinerario didattico e formativo.

Avrebbero quindi potuto parlarsi, tentare un qualche coordinamento per realizzare un’opera realmente e razionalmente compiuta. Invece no, troppo facile per noialtri illusi che ancora vivono nel mito della logica formale. Ingrato quale sono, non riesco ad afferrare la grandezza delle menti insanabilmente creative che ci hanno fatto dono di questo viaggio nello spazio-tempo con un astuto escamotage stradale. E per riuscirci è stato sufficiente non fare niente. Decisamente brillante, non c’è che dire. Una macchina del tempo che parla compiutamente del tempo che si vive da queste parti.

Un’involontaria macchina del tempo per una comunità che un tempo l’ha avuto e che oggi ha solo il tempo per misurare il proprio degrado. Oggi, stante come sono messe le cose, di tempo non ce n’è più. E di questo passo non ci sarà più neanche una comunità.