Al via la raccolte di firme per il referendum contro il green pass
Al via la raccolte di firme per il referendum contro il green pass. Un referendum contro uno “Stato che ha tradito”, per abrogare un Green pass che “discrimina”. E che ”è destinato a diventare l’embrione della futura tessera di identificazione digitale.
Le posizioni di Carlo Freccero
A questo mira il Grande Reset attualmente in attuazione”, per usare le parole di Carlo Freccero, ex direttore di Rai 2, oggi fra i protagonisti del comitato che punta a ottenere nel giro di un mese 500mila sottoscrizioni ai quattro quesiti referendari su altrettanti decreti, per poi depositarle entro fine ottobre e arrivare al voto comunque non prima di aprile 2022.
Ricorsi in sede giudiziaria
“Nel frattempo studieremo ricorsi in sede giudiziaria, anche internazionale, oltre a iniziative di dialogo ‘politico’. Se questi tentativi dovessero fallire, il referendum abrogativo costituirà l’ultima chance per opporsi a un odioso strumento di discriminazione personale e sociale – spiega l’avvocato Olga Milanese -.
Per allora, gli italiani non ne potranno più di portare al collo un cappio che si stringe e si allarga a piacimento di un Governo privo di qualsivoglia legittimazione popolare: questo potrebbe far crescere il fronte del no al Green pass e determinare un’ampia partecipazione popolare al voto referendario”.
Tempi stretti
I tempi stretti non consentono il ricorso allo Spid, grazie al quale una settimana è bastata a raccogliere mezzo milione di firme per il referendum sulla cannabis. Si può firmare con un modello informatico con l’apposizione della marca temporale o l’invio attraverso la Pec e, forse dalla settimana prossima, anche ai banchetti.
L’iniziativa referendaria è nata dall’appello dell’avvocato Paolo Sceusa che, spiegano i promotori, denunciò “un comportamento del Governo italiano, tale da incrinare il patto di lealtà tra istituzioni e popolo”: ossia l’omissione, poi corretta con una rettifica, di un passo della Gazzetta ufficiale europea relativa alle persone che “hanno scelto di non essere vaccinate” e nonostante ciò non devono essere oggetto di discriminazioni.
La chat sociale no vax
Sulle chat social punto di riferimento del variegato movimento no vax, l’idea del referendum non è accolta in maniera univoca. Per i gestori del canale Telegram ‘Basta Dittatura!’, è “una stupidità assurda: giustifica la dittatura che c’era prima del passaporto schiavitù”, scrive l’amministratore del canale da cui da settimane parte l’invito alla mobilitazione “a oltranza” ogni sabato nelle piazze italiane.
Dopo le proteste di ieri, oggi una delle discussioni più partecipate è stata quella in cui l’anonimo amministratore del canale domandava agli utenti l’indirizzo di casa del premier Mario Draghi, “per andare a salutarlo”.