Cervinara: 22 anni fa l’ultimo attentato ad un politico

Il Caudino
Cervinara: 22 anni fa l’ultimo attentato ad un politico
Due colpi per ammazzare il fratello ed uno per suicidarsi

Otto colpi di pistola e, dopo qualche giorno, un altro terrificante messaggio nella stanza dove dormiva la figlia piccola. Era dal novembre del 1994 che un amministratore, un politico di Cervinara non riceveva attenzione da parte della criminalità. L’ultima volta toccò a Peppino Ricci, all’epoca presidente della comunità montana del Partenio carica che stava per scadere. Nel 1994, proprio a Novembre, i cervinaresi tornarono alle urne e Peppino Ricci, grande protagonista della politica a partire dalla metà degli anni settanta, decise di non ripresentarsi come candidato consigliere comunale.
Per far parte dell’assemblea della comunità montana che all’epoca contava tre rappresentanti per paese bisogna essere consiglieri comunali. Ricci, per diverse ragioni, finì nelle mire di quello che fu definito dagli inquirenti il clan Bove – De Paola, una sorta di succursale del clan Pagnozzi, che per cinque anni gettò la sua ombra criminale su Cervinara procurando un gravissimo ferimento: l’attentato al parroco di Sant’Adiutore vescovo, don Nicola Taddeo; la necessità di far vivere sotto scorta un imprenditore 24 su 24 ed addirittura un omicidio avvenuto la sera di San Valentino. Quando si parla di Cervinara e degli altri paesi della Valle Caudina come delle isole felici sembra che si voglia dimenticare il passato, cancellarlo con un colpo di spugna. Purtroppo, quasi a cadenze cicliche, veniamo messi sotto attacco e non da clan che arrivano da fuori, ma da persone che crescono e vivono insieme a noi. L’allora presidente Ricci non si era piegato alle minacce: aveva denunciato tutto e, come trattamento, ricevette questi due episodi di una gravità assoluta. Tanto che, per alcuni anni, decise di restare completamente fuori dalla politica. Sino a quando non fu nominato componente del consiglio di amministrazione dell’allora consorzio Alto Calore. Anche allora, però, fu timida e distratta l’attenzione della opinione pubblica. A scuoterla furono le parole di fuoco pronunciate dall’altare da un giovane parroco che da poco si era insediato a Sant’Adiutore. Don Nicola Taddeo parlò e denunciò in quanto si era accorto che l’imprenditore che si era rifiutato di pagare il pizzo al clan era stato lasciato solo. Ed anche contro la sua auto furono esplosi colpi di un fucile a canne mozze. Bisognerà arrivare al 1998 prima ed al 1999 dopo per vedere la fine di questo nuovo clan, composto da persone spietate e sanguinarie. Del suo fondatore, Vincenzo Bove, si sono perse le tracce da quasi 20 anni. Si parla di lupara bianca o qualcosa di simile, ma il suo corpo non è stato mai trovato. Se questa è un’isola felice…