Cervinara: 5 morti nella  tragedia dei fuochi d’artificio

La memoria di chi c'era narra ancora di quell'orrore

Redazione
Cervinara: 5 morti nella  tragedia dei fuochi d’artificio

Cervinara: 5 morti nella  tragedia dei fuochi d’artificio. Vi riproponiamo un articolo che racconta una incredibile tragedia.

Tempo

Il tempo non cancella i ricordi, non affievolisce il dolore e mantiene la memoria di chi ci ha lasciato. Il 24 settembre del 1962, Cervinara ha vissuto la più grande sciagura sul lavoro della sua storia. Una tragedia immane che costò la vita a cinque persone.

Si verificò un terribile incidente presso la fabbrica di fuochi di artificio Starace, che, all’epoca si trovava in via San Marciano, alle spalle del luogo dove per un lungo periodo c’è stato un campo di prefabbricati del dopo terremoto.

Campagna

Ed ora stanno sorgendo le case degli sfollati di Joffredo. All’epoca, quella zona era in aperta campagna e non poteva non essere così perché i fuochi artificiali sono sempre pericolosi. All’interno di una piccola casupola erano al lavoro cinque persone.

Pioveva

Erano all’interno perché 62 anni fa, pioveva e le polveri non si potevano bagnare. Stavano preparando i fuochi di artificio in onore di Maria Santissima Immacolata, proprio a Joffredo, che, all’epoca si festeggiava l’ultima settimana di settembre mentre ora si celebra l’ultima di agosto.

Nella casupola successe qualcosa che mai nessuno potè raccontare. Esplose un ordigno ed investì in pieno uno dei titolari Giuseppe Starace, con lui, la signora Amalia Maietta

I due morirono sul colpo. Ma l’esplosione fece crollare la casupola e restarono tra le macerie, il cugino di Starace, Giuseppe Musto ed i figli di Amalia Maietta, Raffaela e Antonio Laudato.  Questi tre furono estratti vivi ma per le ferite morirono dopo poco in ospedale.

A prestare i primi soccorsi furono alcuni operai dell’Enel che caricarono i feriti a bordo di un loro furgone per portarli in ospedale. All’epoca, infatti, le auto in giro erano pochissime e le poche ambulanze in circolazione si trovavano solo presso gli ospedali.

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Il bilancio poteva essere molto più consistente. Per una pura casualità, infatti, si salvò dall’esplosione Gaetano Ricci, che era uscito dalla casupola, forse, per fumare una sigaretta, mentre altri due operai, i fratelli Luigi e Michele Mainolfi, si salvarono solo perché quel giorno non andarono al lavoro.

Ed ancora, Carmine Musto, fratello di Giuseppe, si era recato ad Joffredo per i fuochi di mezzogiorno. L’esplosione, oltre agli operai dell’Enel, fece accorrere gli abitanti di via Piscimari che prestarono i primi soccorsi.

Antonio Musto

Il racconto di quella tragedia ci è stato fatto da Antonio Musto, figlio di Carmine. All’epoca era un bambino e corse verso la fabbrica con il cuore in gola, in quanto poteva essere coinvolto il padre.

Con i suoi occhi di bimbo vide una mano pietosa che stendeva un lenzuolo sul corpo squarciato delle due vittime mentre lo zio veniva portato in ospedale. Poco dopo ebbe rassicurazioni che il papà era vivo perché si era recato ad Ioffredo.

Ma lui quel giorno non lo ha mai dimenticato così come non lo hanno mai rimosso dalla memoria i familiari e gli amici.

Peppino Vaccariello