Cervinara – la famiglia positiva al Coronavirus: non siamo untori, basta chiacchiere
Quella che vi raccontiamo è la storia di una famiglia di Cervinara che sta affrontando la durissima sfida del Coronavirus. Una famiglia di persone perbene che ha deciso di parlare con il nostro sito per smentire voci, illazioni e, in alcuni casi anche insulti.
Non diremo il nome per questioni di stretta privacy ma vi pubblichiamo il racconto della loro vicenda complicata.
“Ho deciso di parlare con voi – spiega un membro della famiglia – perché abbiamo letto molte cattiverie e vogliamo raccontarvi come sono davvero andate le cose dimostrando che io e tutti i componenti della mia famiglia siamo stati rispettosi delle regole in tutti i momenti”.
Il primo marzo, la madre delle persone di cui parliamo, è stata dimessa da una struttura ospedaliera per un delicato intervento. Da quel giorno “io, mia moglie e le mie sorelle ci siamo presi cura di lei perché allettata. Voglio precisare che io e mia madre abitiamo nello stesso stabile su due piani differenti, mentre le mie sorelle a poche decine di metri”.
Quando è stato stabilito il generale lockdown “ci siamo occupati di curare mia madre evitando di incontrarci tra fratelli e sorelle: in pratica facevamo dei turni”.
Dal 12 al 17 marzo inizia la nostra disavventura: “Ci siamo ammalati io, mia moglie, le mie sorelle e da quel giorno, quindi dal 12 marzo, abbiamo evitato ogni genere di contatto sia tra noi che all’esterno. Non siamo più usciti rispettando quelle che erano le indicazioni che ci derivavano dal Governo e dalle autorità sanitarie. In pratica siamo stati in auto-quarantena”. Non è tutto.
“Sin dai primi sintomi, abbiamo provveduto a chiamare il numero verde stabilito dal Governo e abbiamo informato i nostri medici di famiglia seguendo scrupolosamente le loro indicazioni. Ribadisco: non siamo più usciti di casa”.
Questa precisazione, ci dice, è necessaria per smentire tutte le chiacchiere che sono girate in questi giorni, “soprattutto sui social. Qualcuno addirittura è arrivato a dire che non meritiamo le cure. Non comprendo tanta cattiveria. E’ evidente che il virus lo abbiamo preso prima del lockdown e dopo non ci siamo mossi di casa. Io e le mie sorelle abitiamo a pochi metri, ci sono delle stradine private. Quando abbiamo iniziato a sentirci meglio, l’unica uscita fatta è stata nei rispettivi cortili privati dove viviamo solo noi e camminiamo solo noi. Nessun esterno vi accede. Non siamo così irresponsabili da muoverci in giro per il paese come qualcuno ha voluto ipotizzare”.
E’ molto amareggiato.
“Non volevamo parlare né scrivere ma tutto si è reso necessario per smentire con fermezza queste voci che non posso che definire gratuitamente cattive. Preciso, inoltre, che non abbiamo nemmeno festeggiato la Pasqua visto che la nostra famiglia non stava al meglio”.
“Voglio cogliere l’occasione – spiega ancora – per ringraziare l’unità Covid dell’Asl di Cervinara che ci sta supportando per le cure e ci sta dando anche un grande aiuto per il morale. Vorrei ringraziare il servizio Seep dell’Asl irpina che sta facendo di tutto per aiutarci e un grazie particolare al sindaco e all’Amministrazione che ci è vicina. Grazie a tutti. E spero comprendiate che ora vogliamo concentrarci sulla guarigione e non sulle chiacchiere da bar”.