Cervinara, sagra della castagna: un mercatino senza ambizioni

Il Caudino
Cervinara, sagra della castagna: un mercatino senza ambizioni

di Alfredo Marro*
L’associazione Il Mastio deve essere proprio refrattaria all’idea di elevare la qualità della sagra della castagna, che si intestardisce a proporre anno dopo anno nell’originaria versione di mercatino senza capo né coda, senza ambizioni e senza prospettive di miglioramento. Chi sperava che un segnale di svolta potesse arrivare quest’anno, dopo l’istituzione che della sagra ha fatto il Comune, all’evidenza dei fatti  è rimasto deluso. La37° edizione della manifestazione è stata proposta pari pari alle precedenti, a conferma di un radicato pressapochismo e della mancanza di idee che finora ne hanno impedito una crescita coerente alle sue enormi potenzialità. L’atteggiamento spiega perché, dopo tanti anni, la sagra ancora non ha una propria identità culturale e resta  lontano dalla dimensione di impresa commerciale redditizia. La sagra è ancora la bozza della manifestazione inventata per una felice intuizione dei fondatori 37 anni fa, che però è come se non fossero passati, perché essa continua a svolgersi nello stesso spazio, in due soli giorni, a ospitare bancarelle che vendono prodotti i più svariati che niente hanno a vedere con la montagna e la campagna cervinaresi; resta generosamente aperta ad artisti improvvisati senza nome, ultimamente anche a venditori  ambulanti di chincaglierie cinesi e nel menù delle vivande domina ancora il classico panino con salsiccia. In 37 anni, però, i visitatori sono aumentati fino a diventare una vera e propria folla, come si è registrato la serata del 30 ottobre scorso. Certo, la presenza di pubblico è la prova del successo della sagra, ma è anche un segnale del pericolo di declino cui può andare incontro se gli organizzatori non si rendono conto della necessità di rispondere al crescente afflusso di visitatori con un’offerta di servizi capace di soddisfarne le esigenze. La sagra ha bisogno di un tagliando di revisione che investe spazi, calendario, parcheggio, ristorazione ed espositori. Essa difficilmente potrà avere futuro roseo se continuare a essere prigioniera dell’angusta area compresa tra la piazzetta e i vicoli Marri e Moscato, dove si intrattennero i pochi visitatori della prima e dove si è accalcata la folla domenica  30 ottobre scorso, trasformando la serata  in un pigia pigia generale, in una camminata a spintoni che forse ha scoraggiato turisti e penalizzatole botteghe improvvisate, dinanzi alle quali la ressa impediva di fermarsi.  Buon senso e intelligenza consigliano di allargare l’area della sagra almeno fino alla chiesa di Ioffredo e si stenta a capire perché l’Associazione resti testardamente contraria a simile soluzione, nonostante si traduca in evidenti benefici per espositori, turisti  e casse della organizzazione, ai quali evidentemente si preferisce una manifestazione soffocata in un imbuto senza alcuna seria ragione.
Il tagliando riguarda anche la revisione del calendario della sagra, che potrebbe essere comodamente spalmata tra due/tre fine settimana,  evitando così la concentrazione di visitatori in un solo week-end.
L’altra intervento logistico riguarda  la istituzione di aree di parcheggio riservate ai turisti, segnalate con cartelli , prima per evitare difficoltà a chi arriva da lontano e poi la sosta selvaggia su marciapiedi, davanti a garage privati e su dossi.
Particolare attenzione, inoltre, occorre dedicare alla selezione di espositori e all’assegnazione di spazi riservati alle bancarelle, assicurando preferenza esclusiva  ai venditori di prodotti paesani.
Una nota, infine, merita il capitolo dei convegni sulla montagna, che fanno parte del pacchetto culturale della sagra. Incontri, confronti e dibattiti su specifici temi non sono mai mancati in ogni edizione della manifestazione. Nessuno di essi, però, è sfociato in qualche intervento di manutenzione o di tutela della montagna, rafforzando l’impressione che si sia trattato ogni volta di una passerella senza pretese. Purtroppo la stessa impressione ha suscitato anche il convegno di domenica 30 ottobre, tenuto nel palazzo marchesale, nonostante proponesse una riflessione su un argomento molto interessante: La nostra montagna cultura del paesaggio e opportunità di sviluppo e la trattazione fosse affidata a docenti universitari ed esperti della materia. Purtroppo è stato fissato, per un’infelice scelta,alle ore undici, è cominciato con il consueto ritardo ed ha costretto la conduttrice Maria Felicia Crisci a contingentare i tempi dei relatori. Così Davide Della Porta, presidente dei castanicoltori campani, Michelina Ruocco del CNR Portici, Antonio De Cristofaro docente all’Università del Molise e Rossella De Prete dell’Università del Sannio sono stati costretti a  contenere gli interventi, come ha fatto d’altronde Mario Carofano, docente ed appassionato della nostra montagna,  che si è limitato a una veloce proposizione su I sentieri dei boscaioli , che avrebbero meritato ben altro spazio. Peccato! I convegni è bene che ci siano,  a patto però che  non si esageri con il numero dei relatori e con il tempo degli interventi.

*direttore responsabile del Caudino