Cervinara: violentate due bimbe di 5 e 1 anno/Pene durissime
Cervinara: violentate due bimbe di 5 e 1 anno/Pene durissime. La mamma, il nonno e lo zio sono stati condannati, complessivamente, a 48 anni di carcere. Ognuno di loro dovrà scontare sedici anni di carcere. La durissima condanna arriva del tribunale di Avellino. Le vittime di 5 e un anno di Cervinara.
Processo di primo grado
Si chiude così la prima fase del processo di primo grado a carico dei familiari di due piccole bimbe di Cervinara. Una pena decisamente più dura rispetto alla richiesta avanzata dal pubblico ministero di dodici, dieci e sette anni e sette mesi.
La storia è venuta fuori nel 2019 dopo la denuncia della direttrice della casa-famiglia in cui le due bambine erano state collocate da circa un anno a causa della difficile situazione familiare in cui versavano. La donna raccontò che fu la sorellina maggiore a confidare proprio a lei, con dovizia di particolari, ciò che accadeva in quella palazzina di Cervinara.
Nonno e zio in carcere
Descrisse una situazione non solo malsana, ma perversa, che coinvolgeva l’intero nucleo familiare. Presenti questa mattina in aula anche i tre imputati, due dei quali – il nonno e lo zio – destinatari di misura di custodia cautelare in carcere. Durante la lunga discussione è stato ripercorso e analizzato, sia dal pubblico ministero che dai due avvocati difensori tutto l’iter processuale.
Il collegio non ha però accolto la tesi difensiva che ruotava intorno al ruolo poco chiaro di questa direttrice della casa-famiglia descritta sia dai consulenti della procura che dagli stessi avvocati come una figura insolita, invadente e scomoda.
Sentenza impugnata
Sarebbe stata proprio lei – secondo la difesa– ad aver in qualche modo suggestionato e influenzato i ricordi della minore, alterandoli. Gli avvocati della difesa, Rolando Iorio e Pasquale Meccarelli, infatti, hanno già fatto sapere che impugneranno la sentenza ricorrendo al giudizio di secondo grado, al fine di rendere chiari alcuni punti cruciali per la tesi difensiva che, in sede di procedimento di primo grado, non sono emersi come avrebbero dovuto.
Resta ancora un mistero, ad esempio, il ruolo giocato dall’uomo misterioso che è stato menzionato da molti testimoni durante il processo. Questo soggetto, ancora ad oggi irreperibile e probabilmente legato in qualche modo ad una delle operatrici della casa-famiglia, sosterrebbe la tesi secondo la quale la vicenda sarebbe stata del tutto alterata per favorire il giro di affari e denaro che ruota intorno alle strutture di accoglienza per minori abusati.