Coranavirus: lettera aperta ai giovani

Redazione
Coranavirus: lettera aperta ai giovani

Carissimi e carissime, non so se è vero ciò che mi stanno dicendo e che sto leggendo sui giornali, considerando che ho scelto di restare a casa, ma mi riferiscono che molti giovani, soprattutto adolescenti e ragazzini, stanno uscendo senza motivi urgenti.

Non sono qui per redarguirvi come la maggior parte della gente, ma per comunicare con voi come un amico. Leggete queste righe e fatele leggere anche ai vostri genitori, che si credono tanto responsabili rispetto a voi.

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Io so che cosa significa questa vostra voglia di libertà. La capisco benissimo.

Anche io odiavo stare chiuso dentro per sei ore al giorno e per tanti anni nell’età più bella della vita.

Capisco benissimo, quindi, che vogliate approfittare della chiusura delle scuole per stare all’aria aperta e con i vostri amici.

E sappiate che, anche se sono più grande di voi, anche se in qualche caso mi sono trovato alla cattedra a parlarvi dei miei libri che avete dovuto studiare, io sono molto più vicino a voi, non agli insegnanti, non alle istituzioni scolastiche, non ai vostri genitori.

Vi capisco benissimo, considerando che l’alternativa alla scuola è un’altra prigione: la famiglia mononucleare.

Io stesso mi sento impazzire al pensiero di non poter uscire per quasi un mese, di non poter più passeggiare come ero solito fare, soprattutto ora che la primavera è alle porte.

Ma purtroppo sono anche consapevole che questa non è una vacanza, ma un’emergenza sanitaria.

Occorre responsabilità. Dimostrate di non essere come vi si descrive di solito. Io ho fiducia in voi.

Non lasciate vincere quegli adulti e quei vecchi che non perdono occasione per scaricare tutte le colpe sui “giovani irresponsabili”.

Non lasciate vincere le istituzioni e i partiti o movimenti politici più autoritari che continueranno a credere e a far credere che il problema sia “l’eccessiva libertà” e non la scarsa libertà che ci fa venire voglia di evadere ancora di più (Proudhon diceva che “la libertà è la madre dell’ordine, non la figlia”).

Non fate vincere coloro che, credendosi “onesti cittadini”, faranno la spia ai “disonesti” (ai “furbetti” come li definiscono loro) e non si faranno nemmeno domande sui bisogni individuali, magari urgenti, che avranno spinto qualcuno a uscire: si è ormai persa la capacità di dialogare e allora si preferisce denunciare alle autorità.

Non fate vincere chi vuole (e ha sempre voluto) uno stato di polizia. Non fateli vincere, se non hanno già vinto. Restate a casa e seguite le norme.

Ormai non nascondo più la mia ideologia anarchica, anzi ne faccio un vanto, quindi nessuno più di me in Valle Caudina desidera e sogna la libertà, la vera libertà, non i suoi surrogati.

Ma (e proprio per questo) dobbiamo renderci conto che comportandoci da irresponsabili facciamo il loro gioco, ci lanciamo la proverbiale “zappa sui piedi” e ci faremo stringere ancora di più le nostre catene.

Abbiate pazienza e uscite soltanto quando è davvero urgente e necessario.

Tenetevi in contatto con gli amici tramite social, leggete libri, guardate film, praticate attività ricreative in casa.

Così potremo tutti e tutte ritornare a uscire, a socializzare, a passeggiare, a correre, a corteggiare, a giocare, a festeggiare, a prendere il caffè al bar, a bere birra nei nostri locali preferiti, a riabbracciare i nostri amici, nelle nostre “ore di libertà”, per citare una canzone di De André.

Ma ho anche delle raccomandazioni da fare ai meno giovani, che si credono tanto responsabili e “onesti” (e molti dei quali, lo so, saranno già pronti ad attaccarmi e criticarmi): anziché denunciare e fare i delatori o sgridare i giovani, cercate la via del dialogo, parlate pacificamente e con calma, cercate di far capire perché è necessario stare in casa.

Non è facile, lo so. Ma l’autoritarismo non ha mai risolto nulla, anzi spesso peggiora le cose.

Denunciare significa continuare a essere divisi tra noi.  E in un momento come questo, invece, sarebbe proprio necessario restare uniti, aiutarci a vicenda, anche se a distanza di sicurezza: usate i social, il telefono, per comunicare con le persone che violano le norme (se le potete segnalare, significa che le conoscete; se le conoscete significa che le potete contattare), spiegando loro che (e perché) stanno sbagliando e date piuttosto buon esempio e consigli.

Ancora una volta il mio è un invito a ritrovare la capacità del dialogo.

In caso contrario, non farete che confermare la frase con la quale Emile Zola concludeva uno dei suoi più bei romanzi: “Che canaglia la gente onesta”.

Domenico J. Esposito