Coronavirus, parla don Salvatore: Le misure attuate? Pensano al corpo non all’anima

Il Caudino
Coronavirus, parla don Salvatore: Le misure attuate? Pensano al corpo non all’anima

Abbiamo intervistato il parroco di San Martino Valle Caudina, don Salvatore Picca. E’ questa una intervista da leggere con calma perchè è una riflessione a trecentosessantagradi su ciò che ci sta capitando.

Il sacerdote analizza, evidenzia e sprona i credenti su temi legati alla quarantena, alla santa Pasqua e all’essere cristiano.

Lei all’inizio della epidemia è stato molto critico con la chiusura delle Chiese. La pensa ancora così?
Io sono convinto, e nessuno potrà mai farmi cambiare idea, poiché la mia convinzione viene dalla forza e dalla verità della Parola di Dio, che l’uomo è, come dice Aristotele, un sinolo di materia e forma, e cioè un’unità inscindibile di corpo ed anima, di elemento spirituale e corporale, di materia e di anima; ecco perché, quando si ha a che fare con l’uomo mai si può perdere di vista il suo statuto ontologico (come è fatto l’uomo nel suo essere), perché, se si commettesse un tale errore, non si farebbe qualcosa a favore dell’uomo, ma contro l’uomo.

Sapere che l’uomo è una unità inscindibile di corpo ed anima ci fa ricordare quanto sia vera la conclusione a cui già Giovenale era giunto: Orandum est ut sit mens sana in corpore sano (bisogna chiedere agli dèi che la mente sia sana nel corpo sano); e cioè che per far stare bene un uomo bisogna curare il suo corpo ed il suo spirito, poiché, se si cura l’uno senza l’altro, si sta solo creando più danno all’uomo stesso.

Infatti, tutti facciamo esperienza che, anche se i valori vitali del nostro organismo sono tutti perfetti, ma viviamo una condizione di stanchezza spirituale (depressione, tristezza, angoscia…), non riusciamo a far nulla, poiché, quando il nostro spirito è abbattuto, il nostro corpo non risponde; e, viceversa, se abbiamo qualche problema di salute del corpo, anche il nostro spirito ne soffre.

Detto questo, e spero solo che il tempo non mi darà ragione, sono convinto che le misure pensate per arginare il diffondersi del covid 19 rischiano, nel lungo termine, di creare più danno della diffusione del virus stesso, poiché sono state ispirate da una sola preoccupazione: curare il corpo, dimenticando totalmente la dimensione spirituale dell’uomo, e, una tale mancanza, nel lungo termine, rischia di creare problemi gravissimi in termini di salute spirituale (i problemi spirituali non riguardano solo la vita di fede di una persona, ma anche la sua psiche).

Temo che alla fine di questo isolamento che ha comportato una interruzione totale dei mezzi per ricevere la grazia, e, quindi, gli aiuti spirituali di cui ogni uomo ha bisogno per affrontare la lotta spirituale e per nutrire il proprio spirito, ci sarà da dover fare i conti con il crescere di quelle malattie che sono una conseguenza dell’“anoressia spirituale”.

Ecco perché, siccome sono convinto che la Santa Messa non è solo un rito, ma è l’alimento di cui gli uomini hanno necessariamente bisogno per nutrire il proprio spirito, la medicina necessaria per curare le proprie ferite, il viatico per affrontare il pellegrinaggio terreno, resto convinto che aver sottratto agli uomini la possibilità di partecipare alla Santa Messa, invece che curarli, finirà per danneggiarli. Come pure, la convinzione che la Santa Messa è attualizzazzione del Sacrificio di nostra Redenzione mediante il quale il Cristo ha lavato il peccato del mondo, che non ripete il Sacrificio del Cristo, ma che, ogni volta che viene celebrata, ne rende presente gli effetti e le conquiste, mi rende certo che la Santa Messa è necessaria per riparare i miei peccati e quelli del mondo intero e ottenere così il favore di Dio.

Da quanto le ho detto risulta chiaro che il mio pensiero non è cambiato, anzi, da quanto le persone mi dicono ogni giorno, è sempre più chiaro che impedire la celebrazione della Santa Messa è stato un gravissimo errore.

La messa social è valida?
Per rispondere a questa domanda è necessario fare una premessa: secondo la Liturgia cristiana il culto reso a Dio è un culto primariamente comunitario, dove tutta la comunità, riunita in assemblea, rende lode al Dio Tre volte Santo.

Ora, poiché tale culto si esercita unendo l’offerta di sé a quella che il Cristo una volta per tutte ha fatto di sé stesso al Padre sulla croce con un sacrificio di valore infinito che ha redento ogni uomo e tutta la creazione, e, poiché il sacrificio del Cristo si rende nuovamente presente sull’altare della celebrazione eucaristica ogni volta che si celebra una Santa Messa, è ovvio che, per rendere culto a Dio, è necessario essere riuniti in assemblea e fisicamente presenti alla riattualizzazione del Sacrificio di nostra redenzione, ecco perché il precetto festivo della Santa Messa non può essere soddisfatto in altro modo che attraverso la partecipazione fisica alla Celebrazione Eucaristica.

Tuttavia, chi per seri e gravi motivi è impedito o impossibilitato a partecipare alla Santa Messa, siccome nessuno è obbligato a compiere atti impossibili, non è tenuto al precetto: ad esempio, chi è malato o anziano, o chi è particolarmente lontano dal luogo della celebrazione domenicale, o dove per mancanza del sacerdote la Messa non viene celebrata, non è tenuto ad andare a Messa la domenica.

Ma non è tenuto ad osservare il precetto domenicale anche chi, per grave ragione, è stato dispensato dall’osservanza del precetto domenicale da chi ne ha l’autorità (il Parroco o il Vescovo), e osserverà tale precetto compiendo l’opera sostitutiva che gli è stata chiesta (ad esempio io nella mia parrocchia ho sostituito l’obbligo della Messa domenicale in questo periodo con la recita del Santo Rosario in famiglia la domenica).

Fatte queste premesse, diventa chiara la risposta alla domanda che circostanzia il caso particolare: non si soddisfa mai il precetto ascoltando e guardando la Santa Messa in tv, sui social o per radio; ma si può semplicemente affermare che in quel determinato caso la persona per motivi di salute e di anzianità o per esserne stata dispensata non è tenuta al precetto.

Non si può, però negare che, anche in questo caso, vale la massima di san Josemaria e cioè: “Figlio mio ricorda che il peggiore Rosario è quello non detto!”. Quindi, tra la Messa partecipata attraverso i social e il non partecipare assolutamente alla Santa Messa, sicuramente la cosa peggiore è non partecipare proprio, poiché, anche se la Messa via web non realizza ciò che avviene quando si è fisicamente presenti alla ripresentazione del Sacrificio di nostra Redenzione, essa, comunque, realizza una comunione spirituale con il Signore e nutre il nostro spirito.

Come prepararsi alla Santa Pasqua stando a casa e non potendo partecipare alle funzioni?
Il cristiano è chiamato a vivere la “Risurrezione” non in Chiesa, ma nella vita di ogni giorno. Ecco perché, il discepolo di Cristo deve vivere come figlio della Resurrezione non solo quando prega nel tempio, ma, soprattutto, quando parla, agisce, pensa, sceglie.

Il cristiano è tale non solo in Chiesa, ma in ogni istante della sua esistenza. Ecco perché, ognuno di noi può vivere tranquillamente la sua Resurrezione lottando in ogni istante della giornata per esser sempre di più ad immagine di Cristo risorto e, quindi, far morire dentro la propria vita le tenebre del peccato e far risplendere la luce del Cristo.

Anzi, star chiusi in casa ci darà ancora più occasioni di lotta per essere figli del risorto, perché un marito risusciterà con Cristo nella misura in cui saprà trattare in ogni istante con dolcezza la propria moglie e rendergli bella la permanenza in casa; una moglie risusciterà con Cristo nella misura in cui saprà rendere sempre più dolce al marito lo stare in casa, curando la pulizia, il cibo, l’ordine, il garbo nel tratto; uno studente resusciterà con Cristo nella misura in cui trascorrerà questo periodo per approfondire ancor di più i suoi studi e prepararsi ad essere un professionista serio e competente.

Di esempi se ne potrebbero fare molti. Quello che è necessario è capire che la Pasqua non dipende dalle celebrazioni che facciamo (le quali servono solo a darci i mezzi necessari per lottare e vincere contro noi stessi), ma dalla mia lotta nella vita di ogni giorno per essere discepolo del Risorto; e, quindi, per me sarà davvero Pasqua nella misura in cui avrò saputo eliminare difetti, peccati, imperfezioni e avrò saputo esser sempre di più come Cristo in ogni mia azione,parola, pensiero, decisione.

San Martino è un paese molto provato: prima l’alluvione ora il Coronavirus. Come uscirne?
“In laetitia nulla die sine cruce! Nella gioia nessun giorno senza la sua Croce” amava dire San Josemaria. Ed è la verità! La gioia della Pasqua, nessuno di noi deve mai dimenticarlo, è il frutto della Croce.

Se nella Chiesa si può cantare Alleluia perché si esplode di gioia nello scoprire che Cristo ha distrutto la morte e ha fatto trionfare la vita è solo perché lui è salito sulla Croce. La gioia di sapere che anche noi risorgeremo con Cristo, che anche noi saremo felici con Cristo per tutta l’eternita, mai ci deve far dimenticare che anche per noi la felicità eterna sarà il frutto della croce di ogni giorno.

Infatti, “la ferma speranza della nostra santificazione personale è un dono di Dio; ma la creatura umana non può rimanere passiva. Ricordate le parole di Gesù: Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua (Lc 9, 23). Vedete? La croce ogni giorno. Nulla dies sine cruce!, non un giorno senza croce; non un giorno in cui non portiamo la croce del Signore, in cui non accettiamo il suo giogo.

Proprio per questo, a suo tempo non ho mancato di ricordarvi che la gioia della Risurrezione è la conseguenza del dolore della Croce.” (San Josemaria Escrivà). È solo guardando avanti, illuminati dalla luce della Pasqua, che l’uomo può portare la croce di ogni giorno, è solo ricordando che sulla vetta del Calvario, alla fine della salita non c’è la Croce, ma la Resurrezione, che l’uomo potrò uscire da ogni ostacolo.

San Martino uscirà da tutto questo guardando avanti e facendosi illuminare dalla luce di cristo che ci ricorda che “tutto andrà bene”, non perché non avremo più problemi o difficoltà, ma perché al di là di questa vita Lui per noi ha preparato un’eternità di gloria, dove sarà festa senza fine, dove avremo tutto il bene, dove contempleremo tutto il bello. 

Questa consapevolezza ci deve far risuonare nel cuore le parole di Gesù al figlio della vedova di Nain: “A te dico, alzati!”. San Martino ti dico, Alzati! Perché ti aspettano cieli nuovi e terra nuova e solo portando la croce di ogni giorno ne potrai far parte. San Martino ti dico, Alzati! Perché solo trasformando dando il meglio di te, questo presente, potrai prender parte alla gloria futura.