Crimini e dintorni: bulli e pupe
Adolescenti delinquenti, criminali dalle facce d’angelo, prepotenti in jeans e scarpe alla moda. Ragazzini che nello zaino, accanto a libri e quaderni, ripongono anche odio e desiderio di sopruso. Bambini in lotta col diverso, sia esso disabile o semplicemente più debole. Un adolescente è forse più crudele di un criminale adulto, perché l’avventatezza legata all’età può facilmente tradursi in sconsideratezza. Si tratta di devianza congenita o dovuta all’assenza di sani modelli educativi e di riferimento? Come è possibile che atti aberranti e spietati siano commessi da ragazzini, poco più che bambini? Questa, le domande che gli esperti del settore si sentono rivolgere. Ma la risposta è da ricercarsi in molteplici fattori che, mescolandosi, creano piccole creature orribili.
Ciascuno di noi nasce con un patrimonio di abilità, facoltà, capacità intellettive che si incontra o scontra nel percorso evolutivo con l’ambiente e le figure di riferimento. Occorre di conseguenza guardare con occhio critico anche alla scuola, ai modelli proposti dalla società, all’elemento “gruppo” fortemente influenzante sul vissuto dell’adolescente che limita e indebolisce il senso di responsabilità individuale per elevarlo a una responsabilità collettiva rispondente al principio del “mal comune mezzo gaudio”. Ragazzi invisibili che diventano visibili quando rompono gli argini della coscienza e del ben pensare. Ovviamente non si nasce bulli ma lo si può certamente divenire. L’adolescenza potrebbe essere paragonata a un viaggio in cui il giovane raggiunge l’indipendenza emotiva dal sistema familiare, si fa carico delle responsabilità e avverte la necessità di prendere decisioni in differenti ambiti della propria vita. La paura di sostenere i cambiamenti che l’adolescenza comporta, se non adeguatamente contenuta e incanalata verso percorsi formativi sani, può davvero provocare stati psicologici difficili da gestire, come ansia, incertezza e scarso senso di autostima e disperata ricerca d’appoggio in situazioni ai margini in grado di farlo sentire meno vulnerabile rispetto all’esterno.
Il bullismo è oggi criminale e distruttivo per la vittima. Chi subisce può sviluppare patologie psicologiche o, addirittura, psichiatriche come attacchi di panico, crisi d’ansia, disturbi dell’umore, alterazioni della personalità. Il bullismo si esprime a livello fisico, con violenza fisica o sessuale. Verbale, con offese, insulti e denigrazioni.
Due sono le vittime del bullismo: l’umiliato e il bullo. Il bullo infatti è egli stesso un diverso, non educato e sensibilizzato adeguatamente ai sentimenti. Un accenno va fatto al bullismo femminile. Poco considerato, perché molto meno vistoso di quello maschile, ma più subdolo. Nei confronti dell’esclusa la bulla mette di solito in atto un vero e proprio comportamento persecutorio fatto di pettegolezzi, falsità. Il fenomeno non è però soltanto rivolto al compagno di scuola imbranato, al ragazzino di colore o alla rivale in amore ma anche a contesti ben più ampi come la violenza in strada o l’appartenenza a baby gang prive di ideali in cui la scarsa capacità di comunicare e riconoscere gli stati d’animo, sfocia in atti contro il mondo esterno. Branco, gang e banda nascono nella fase dell’adolescenza quando il giovane in conflitto con famiglia, società e istituzioni cerca attraverso la trasgressione di affermare l’autonomia e l’indipendenza affettiva, fisica e psichica. Le nostre città ben conoscono il fenomeno di cui si parla e, soprattutto, ben conoscono quel coprifuoco caratteristico di determinate zone off-limits inserite all’interno del normale tessuto urbano.
Preoccupante è poi divenuto il reclutamento di minori in attività della criminalità organizzata o di organizzazioni criminali di matrice camorristica e mafiosa. L’illegalità sembra essere l’unica prospettiva di riscatto e salvezza. Da questo sistema il minore trae, paradossalmente, molteplici benefici: guadagni facili e dunque possibilità di uscire da situazioni di marginalità, mancanza di identità e diversità rispetto a coetanei più fortunati. L’elevato tasso di disoccupazione rappresenta un grosso motore per tale situazione. Le attività nelle quali la criminalità organizzata si avvale della collaborazione dei minori riguardano rapine, scippi, furto di auto e motocicli, spaccio e traffico di droga.
Fino a questo momento la società, la scuola, la famiglia non sono state ancora in grado di dare una risposta efficace a questa grave afflizione sociale. In particolare la società propone modelli spesso irraggiungibili o falsi, in quanto nascondono situazioni di solitudine, di tristezza, e la comunicazione sostituita da internet o da messaggini telefonici rende poi il giovane impacciato e timido nella relazione vis-a-vis.
La rieducazione e il sostegno sociale vanno accompagnate da un elemento chiave: prevenzione.
Educare i giovani al rispetto delle regole della società e della vita.
Antonella Esposito
Criminologa