Dal contrabbando alla camorra: torna a casa il boss Gennaro Pagnozzi

Il Caudino
Dal contrabbando alla camorra: torna a casa il boss Gennaro Pagnozzi

Ha alle spalle oltre mezzo secolo di criminalità.
Contrabbandiere di primo ordine, fu tra i primi ad opporsi a Raffaele Cutolo allorquando costui impose la tassa su ogni cassa di sigarette di contrabbando trattata dalla camorra.
Fu proprio per evitare agguati dai cutoliani che Pagnozzi Gennaro, soprannominato il Giaguaro, lasciò S. Giovanni a Teduccio e si trasferì nella valle caudina, dove dagli inizi degli anni 80 ad oggi ha radicato la base logistica del suo sinora inossidabile clan .
Ed ora, dopo tante battaglie giudiziarie,   in accoglimento dell’istanza depositata dal suo storico difensore, l’avvocato Dario Vannetiello, la Corte di appello di Napoli, ha acconsentito al ritorno di Pagnozzi Gennaro nella sua villa di San Martino Valle Caudina ove sarà ristretto agli arresti domiciliari, nonostante sul suo capo pendono condanne per un totale di anni 14 di reclusione.
Infatti, nel mese di marzo del corrente anno è stato condannato in primo grado ad anni otto di reclusione dal Tribunale di Napoli – VII sezione penale -, per quattro episodi di usura, sui ben tredici contestati dall’accusa,   avvenuti nella periferia di Napoli, zona di Ponticelli, tutti aggravati dal metodo mafioso nonché dall’essere il Pagnozzi recidivo reiterato, specifico ed infraquinquennale.
L’udienza di appello è fissata per il giorno 11 ottobre, ma, nel frattempo, colui che ha caratterizzato oramai mezzo secolo della criminalità campana è ritornato nella sua abitazione dalla quale mancava da anni. Basti ricordare, che allorquando era in vigore la legge che impediva alle persone pericolose di vivere nel proprio comune di residenza, nel 1991 fu “ confinato” per ben tre anni nell’isolato comune di Lacedonia ai confini con la Puglia.
Fu anche imputato in uno dei più noti processi fatti alla camorra, il cosiddetto processo Spartacus 1, all’esito del quale l’allora pubblico ministero della direzione distrettuale antimafia di Napoli, dott. Raffaele Cantone, ne chiese l’assoluzione sol perché gli atti processuali avevano dimostrato che il Giaguaro ed il suo primogenito Domenico si erano ribellati allo strapotere dei casalesi, rifiutando di federarsi con costoro.
Fu cosi che le province di Benevento ed Avellino non subirono la invasione del famigerato gruppo di Casal di Principe e rimasero sotto la esclusiva influenza del clan Pagnozzi .
Nell’anno 2005 fece scalpore il coinvolgimento di Pagnozzi Gennaro in una mega inchiesta contro il narcotraffico condotta dalla direzione antimafia di Milano .In particolare, ad accusarlo in quella occasione fu l’ex sindaco di S. Nicola La Strada, Raffaele Centore, colui che ammise di aver ammazzato e seppellito nel giardino della sua abitazione il padre dell’ex calciatore del Milan, Borriello. In tale procedimento, dopo essere stato condannato ad anni 14 nei primi due gradi di giudizio, allorquando temeva di morire da detenuto nelle patrie galere, fu “graziato” dalla Suprema Corte di Cassazione che, condividendo il ricorso scritto dall’avv. Dario Vannetiello, annullò la pesante sentenza di condanna, mentre furono condannati i suoi coimputati, Ceraulo e Cicala, coloro che furono anche gli esecutori dell’omicidio del noto stilista Gucci.
A suo carico ora pende una ulteriore condanna in primo grado per il delitto di estorsione pari ad anni sei, irrogata il 22 giugno dal Tribunale di Avellino, in relazione alla quale a breve presso la Corte di appello di Napoli verrà fissata la relativa udienza di trattazione .
Il settantasettenne capostipite della famiglia mafiosa, operante a cavallo delle province di Benevento, Avellino, Caserta ed hinterland napoletano ( in particolare, Ponticelli e S. Giovanni a Teduccio), indagato dalle direzioni distrettuali antimafia di Napoli, Milano e Roma, può ritenersi fortunato sotto il profilo giudiziario in quanto, anche grazie a sapienti scelte difensive, nel corso di questi decenni è stato numerose processato ed assolto.
Basti pensare che in totale, tra latitanze dorate ed irreperibilità, risulta aver sofferto nelle patrie galere solo undici anni.
Oggi, come è noto, il figlio Domenico, soprannominato “il professore”, ha allargato il raggio di azione del clan, atteso che è ritenuto essere il capo di una vasta organizzazione mafiosa che avrebbe esportato la camorra nella zona a sud est di Roma, tanto che il processo in corso è stato battezzato “ camorra capitale”.