Il “buco” di Montesarchio finisce sul Corriere della Sera
Lo avevamo anticipato la scorsa settimana: il giornalista del Corriere della Sera, Sergio Rizzo, è stato a Montesarchio per “indagare” sul famoso ascensore che avrebbe dovuto collegare il centro storico con la Torre. Ne esce un reportage che, al di là della denuncia dello spreco, è un ottimo spot pubblicitario per tutta la Valle Caudina. Rizzo, infatti, parla con ammirazione della Torre e del Vaso di Assteas. Riportiamo l’articolo integrale e, a seguire, il link al video.
«Furono fatti passare sotto il giogo innanzi a tutti i consoli, seminudi, poi subirono la stessa sorte ignominiosa tutti quelli che rivestivano un grado. Infine le singole legioni. I nemici li circondavano armati, li ricoprivano di insulti e di scherni…».
Con queste parole Tito Livio ha tramandato nelle sue Storie la più grande umiliazione che il potentissimo esercito di Roma abbia mai subito. Quella delle Forche caudine, che i sanniti al comando di Gaio Ponzio Telesino imposero ai romani nel 321 avanti Cristo. Più di duemilatrecento anni dopo, a pochi chilometri di distanza da quel luogo storico, la stessa umiliazione subisce il buonsenso: costretto a passare non sotto un giogo, ma dentro un buco di cemento profondo cinquanta metri che secondo un piano mai completato avrebbe dovuto ospitare un gigantesco ascensore.
L’elenco delle opere incompiute italiane, 868 secondo le ultime rilevazioni, è sterminato e sorprendente. Ma fra tutte le sorprese possibili quella che offre Montesarchio, un magnifico borgo della Valle Caudina, nella provincia di Benevento, è certo la più sconcertante. Lo storia comincia molti anni orsono, quando la Campania si trova in piena emergenza spazzatura. Il presidente della Regione e commissario per i rifiuti, Antonio Bassolino, è alla disperata ricerca di posti dove mandare l’immondizia che traboccava a Napoli. E fra le possibili destinazioni salta fuori Montesarchio, dove c’è una vecchia cava che sembra fatta apposta. In cambio, come “compensazione” per il danno ambientale, arriva al Comune un sacco di soldi. Con sei milioni in un Paese di 13.518 abitanti si possono fare molte cose. Per esempio si può restaurare il centro storico, che è un piccolo gioiello medievale, ma decisamente malandato. Oppure si possono sistemare le strade e migliorare i servizi… O magari bonificare l’area intorno alla torre, un sontuoso esempio di fortificazione medievale edificata a partire dal settimo secolo, poi destinata a prigione politica dove furono rinchiusi alcuni oppositori dei Borbone come Carlo Poerio.
Insomma, potrebbe essere una vera manna: anche perché i conti del municipio non sono poi così smaglianti. Quando nel 2013 arriva il nuovo sindaco Franco Damiano, ex consigliere provinciale del Partito democratico già seguace di Ciriaco De Mita, fra i vincitori delle elezioni c’è chi non esclude perfino di dover dichiarare il dissesto per lo stato in cui versano i conti lasciati dalla vecchia amministrazione. Che anziché impiegare i soldi della spazzatura per interventi necessari come la bonifica della rocca assediata da una boscaglia degradata, iniziativa per la quale dobbiamo ora ringraziare l’abnegazione dei volontari che si sono autonominati «Sentinelle della torre», progettano di costruire un enorme ascensore per portare la gente dal centro storico al piazzale della stessa torre, una cinquantina di metri più in su. Perché là sopra c’è un museo, anzi, un polo museale.
Nella torre, aggrappata allo sperone di roccia da cui si domina una vista che toglie letteralmente il fiato, edificata a partire dal settimo secolo, c’è un oggetto che da solo vale il viaggio a Montesarchio. E’ un vaso attico che porta la firma del celebre ceramista di Paestum, Assteas. Ritrae una delle scene più famose della mitologia greca, il ratto di Europa, ed era stato trovato una quarantina d’anni fa a Sant’Agata dei Goti. L’autore del ritrovamento l’aveva venduto per un milione di lire (e un maialino, narra la leggenda) a un mercante d’arte che a sua volta l’aveva ceduto al Getty museum per 380 mila dollari. Finché i carabinieri non l’hanno riportato in Italia, una decina d’anni fa. Nemmeno quel vaso, però, giustifica un’assurdità come questa.
La cabina dovrebbe correre dentro un tunnel verticale senza aperture coprendo un dislivello pari all’altezza di un palazzo di quasi venti piani. E siccome l’ascensore parte dalle viscere della rocca, i passeggeri sarebbero costretti per raggiungerlo a percorrere a piedi un altro tunnel orizzontale, molto più stretto, che si può imboccare da un piccolo slargo affacciato su un vicolo stretto e assai malridotto. Ma ogni descrizione non rende bene l’idea: per capire la follia che ha generato un’opera del genere bisogna vedere con i propri occhi. Sempre che di follia, poi, si trattasse. Già, perché un bel giorno spunta un progetto per realizzare un albergo diffuso con i fondi europei, e i soliti dietrologi sospettano che il vecchio sindaco, imprenditore re dei prefabbricati e famoso per il marchio Okite che spopola sui mercati internazionali, volesse rivalutare anche grazie a quell’assurdo ascensore un pezzo del centro storico nel quale avrebbe, dicono, alcuni immobili. Malignità alle quali non vogliamo credere.
Di sicuro, però, quel progetto europeo è esistito, anche se non è andato in porto. Come non è andato in porto, finora, nemmeno l’ascensore. In cinque anni si riesce a fare soltanto quel buco, imponente, che ora fa bella mostra di sé sul piazzale della torre. Poi succede l’imponderabile: il titolare dell’impresa, Pietro Mollica, finisce nei guai in seguito a un’inchiesta giudiziaria e per la sua ditta che aveva rastrellato appalti in tutta Italia da Roma a Venezia c’è l’amministrazione straordinaria. Il Comune, che nel frattempo dal centrodestra di Izzo è passato al centrosinistra di Damiano, rescinde il contratto e decide di procedere a una “rimodulazione”. Non più un faraonico ascensore, ma una scala con un piccolo montacarichi per disabili. Di tappare semplicemente il buco, non se ne parla. Oltre ai denari necessari per farlo, si dovrebbero restituire allo Stato e all’Europa quelli giù spesi per bucare, e si parla di oltre un milione. La ragione? Il progetto finanziato è quello di un ascensore e un ascensore, magari un po’ più piccolo, dev’essere comunque fatto. La burocrazia non ammette cambi di rotta, anche se è solo una questione di puro buonsenso. Quello che non ha mostrato, evidentemente, non solo chi ha partorito l’idea, ma neppure chi non ha fatto niente per ostacolarla, a cominciare dalla Soprintendenza. Toccava prima di tutti a lei fare la sentinella della torre, invece dei bravi volontari di Montesarchio. E meno male che ci sono loro.
Sergio Rizzo (fonte: Corriere.it).
Qui il link al video: http://video.corriere.it/buco-montesarchio-forche-caudine-voragine-cemento/47a702aa-0711-11e6-8870-6aa8c10eafcf?intcmp=video_wall_hp