La disfida tra il Franciacorta e le produzioni sannite

Si è aperto un confronto molto interessante

Redazione
La disfida tra il Franciacorta e le produzioni sannite

La disfida tra il Franciacorta e le produzioni sannite. La chiarezza e la determinazione dell’intervento del vice presidente del Consorzio Tutela per il Franciacorta Maurizio Zanella, che è anche il chairman della nota azienda ‘Ca’ del Bosco’, ci inorgogliscono e incoraggiano ad andare avanti confermando che la strada cha abbiamo intrapreso è quella giusta”.

Così Clemente Colella, presidente dell’Associazione Vignaioli di Solopaca, commenta l’intervento di Zanella nel confronto tecnico tra i produttori sanniti, con a capo Libero Rillo (Presidente Sannio Consorzio Tutela Vini) ed il vice presidente del Consorzio Tutela del Franciacorta a Castelvenere, in occasione della Festa del Vino che si è appena conclusa.

“Zanella – evidenzia Colella – con molta franchezza ha dichiarato che in Franciacorta l’uva viene pagata fino a 3 euro al chilogrammo e non perché sono più bravi ma per il fatto di aver lavorato negli anni alla valorizzazione del territorio attraverso i loro prodotti in quanto un territorio si valorizza quando distribuisce equamente i valori non solo a chi vende la bottiglia ma anche a chi produce con tanto sacrifico l’uva.

Solo allora si può ritenere che il territorio abbia un valore”. “E’ questo concetto – continua Colella – che anima da cinque anni la nostra ricerca che ha portato alla pubblicazione di un volume sulle uve rare del Taburno Camposauro  grazie al progetto di ricerca del CNR con il CREA VE (Viticultura ed Enologia), in collaborazione con la Regione Campania e con l’AIS Toscana – Delegazione di Grosseto”.

E, ancora: “Sull’onda lunga di un processo iniziato negli anni ’90 del secolo scorso, con ‘allargamento’ delle denominazioni di origine da locali a comprensoriali e a regionali, risulta tuttora evidente come l’aumento della portata di tali denominazioni sia direttamente proporzionale al livello di ‘non conoscenza’ delle realtà di partenza, ridotte a sotto-zone o cancellate del tutto entro la genericità di nomi di tipo geografico-storico o regionale di cui non si ha consapevolezza.

In pratica, meno si conosce i territori e più si allargano le denominazioni, ‘annacquando’ letteralmente le tipicità e preferendo invadere il mercato con quantità di vino la cui identità è stata imposta negli ultimi cinquant’anni. La ricerca apre e individua nuove soluzioni contro questa perdita di biodiversità viticola e di identità.

Le varietà, il lavoro dei viticoltori e i paesaggi viticoli sono parte integrante del Patrimonio Culturale, come sancito dalla L. 238/2016, e sono ricondotti alla sua componente ‘vivente’, materiale e immateriale. Su di essa, in una rinnovata tangibilità, si può ricostruire un’identità solida e fondare una valorizzazione in grado di aprire nuove prospettive di rilancio sui mercati”.

“Di questa importante occasione di confronto – conclude Colella – ringrazio vivamente l’amministrazione comunale di Castelvenere, retta dal sindaco Alessandro Di Santo, che ha avuto il coraggio di organizzare un incontro pubblico vero, senza filtri”.