La peste di Tebe. Lettera a Giacomo Porrino di Andrea Massaro

Il Caudino è lieto di ospitare questo interessante epistolario tra due caudini, due figli di Moiano

Redazione
La peste di Tebe. Lettera a Giacomo Porrino di Andrea Massaro

La peste di Tebe. Lettera a Giacomo Porrino di Andrea Massaro. Caro Giacomo, sulla scorta della nostra lunga amicizia, che ha attraversato tanti momenti legati ai nostri luoghi di origine, che ha visto proprio dall’amore che ci lega a questi luoghi il fondamento dell’unico e ultimo evento culturale che queste nostre terre hanno vissuto, e visto che le molteplici occasioni nelle quali ne abbiamo parlato in privato, rispondendo alle tue sollecitazioni vorrei fare qualche piccola riflessione pubblica per cercare di comprendere meglio la situazione politica della nostra comune terra di origine, Moiano e Luzzano.

Ti confesso che da tempo mi ero ripromesso di non occuparmi di queste problematiche così nebulose e incomprensibili che si vanno, via via, materializzando nel nostro piccolo comune di Moiano. Purtroppo, sarà la mia sensibile provenienza politica, sarà forse proprio “quella incomprensibile” che mi spinge ancora a occuparmene anche in virtù di quella ragione e sapere che contraddistingue tanti di noi che usiamo la parola come metodo di confronto e di riflessione, rispetto ai tanti che urlano nel torto e nell’ignoranza.

La peste di una politica malata

Inizio col dire che a noi indigeni contemporanei è capitata la «peste». Sì, la peste di una politica malata, che è stata trasmessa come virus anche alle vite dei singoli cittadini nostri compaesani. Credo che il benessere di una istituzione comunale verso una intera, anche se piccola, comunità, abbia il bisogno di garantire ai propri cittadini il più profondo interessamento, ove tutti profondono il meglio delle loro energie per garantire la buona salute della polis e della intera comunità.

Ma i cittadini in questa cultura dell’interessamento alla polis hanno compiti altrettanto ardui per non essere moralmente squalificati dal disinteresse alla conoscenza e partecipazione.
Ritornando al punto di partenza della peste che ci ha colpito, la situazione attuale fa venire in mente l’Edipo Re di Sofocle e di come la città di Tebe ne fu vittima.

Tebe si era ammalata perchè aveva chiuso gli occhi, perché non aveva saputo né voluto vedere la responsabilità di chi l’aveva governata per decenni, diventando di fatto connivente con un modo di vita che disprezzava la legalità, denigrava l’Istituzione, umiliava la verità. Chi era dunque colpevole della rovina di Tebe? Quali le responsabilità personali e quali invece quelle collettive?

«L’uccisore che cerchi sei tu», dice tristemente Tiresia a Edipo. Anche da noi, io osservo che la nostra comunità va morendo di infiniti morti. Come un Edipo sicuro di sé, il nostro piccolo paese sembra brancolare cieco, di fronte al grande tema della responsabilità.

Il cieco brancolare

Da un delitto sono nati altri delitti, ma già dal primo è mancata la punizione esemplare. La verità è stata negata. «L’offesa alla verità sta all’origine della catastrofe», dice Tiresia che vede tutto, nonostante sia cieco.

Quando una questione di interesse comunitario e di una nuova visione culturale e politica non viene pienamente compresa e portata alla discussione e al confronto con i suoi propri cittadini, allora si può anche trasformare in una sorta di politica criminale che coinvolge in modo determinante la responsabilità delle classi dirigenti – e per classi dirigenti si intende coloro che sono appena più alfabetizzati di qualche miope cittadino – allora la comunità viene intrappolata dal male oscuro e tutti siamo attaccati dalla peste, proprio come Tebe.

E questo è il più grave dei reati criminali che può essere commesso nei confronti del nostro piccolo paese. Nonostante possa prevalere l’unanimismo del voto che spesso deve essere considerato come una aggravante e come coartazione psicologica.

Ti saluto con la consapevolezza di essere figlio di quella terra e che i nostri umori e la nostra sorte sono nelle mani della informazione. E senza informazione, senza conoscenza delle cose, siamo tutti condannati a morire di peste.