L’Italia e la sfida delle competenze digitali: urge colmare il divario nelle professioni tecnologiche

L’Italia si trova in questi anni di fronte a una sfida decisiva per il proprio futuro: colmare il divario tra la domanda crescente di competenze digitali

Redazione
L’Italia e la sfida delle competenze digitali: urge colmare il divario nelle professioni tecnologiche

L’Italia e la sfida delle competenze digitali: urge colmare il divario nelle professioni tecnologiche. L’Italia si trova in questi anni di fronte a una sfida decisiva per il proprio futuro: colmare il divario tra la domanda crescente di competenze digitali e l’offerta limitata di professionisti qualificati nel settore tecnologico. Secondo il rapporto “Imprese e ICT 2023” dell’Istat, infatti, le piccole e medie imprese italiane sono ancora troppo indietro nelle attività di digitalizzazione rispetto ad altri Paesi dell’Unione Europea e questa carenza di specialisti ICT (Information and Communication Technology) rischia di incidere profondamente sulla capacità delle aziende stesse di competere e innovare nel mercato globale. Qual è dunque la situazione attuale e quali misure occorre prendere a livello nazionale?

Il paradosso delle competenze tecnologiche

Nonostante la forte richiesta di professionisti con competenze digitali avanzate, il sistema educativo e formativo italiano sembra non riuscire a tenere il passo. Secondo il rapporto della Commissione Europea sul decennio digitale 2023, solo l’1,5% dei laureati in Italia proviene da facoltà di tecnologia dell’informazione e comunicazione – dato decisamente inferiore alla media europea del 4,2% – per uno squilibrio che genera una discrepanza significativa tra la domanda di lavoro in ambito tecnologico e l’offerta disponibile.

Il risultato è che solo il 23,2% della domanda di lavoro in campo tecnologico viene soddisfatto, come evidenziato dallo studio “Capitale umano e transizione tecnologica” della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro. In pratica, ogni anno rimangono vacanti numerosi posti di lavoro per professionisti altamente qualificati, con un impatto negativo sulle capacità di crescita e innovazione delle imprese italiane.

Le professioni dell’innovazione più difficili da reperire

Tra le professioni tecnologiche più difficili da trovare sul mercato del lavoro italiano, spiccano alcune figure chiave. Gli ingegneri elettrotecnici, per esempio, sono tra i più ricercati in assoluto, con il 90,4% delle aziende che segnala difficoltà nel reperirli, ma anche gli ingegneri dell’informazione sono molto richiesti, con l’80,7% delle posizioni che rimane vacante a causa della mancanza di candidati qualificati.

Percentuali elevate si registrano anche per altre figure, come i tecnici gestori di reti e sistemi telematici, con il 74,6% delle richieste non soddisfatte, mentre i dirigenti generali dell’industria manifatturiera e i tecnici del risparmio energetico e delle energie rinnovabili toccano percentuali del 73,8% e 71,7%.

Non meno ricercate, infine, altre importanti figure come tecnici programmatori, analisti e progettisti di software, tecnici esperti in applicazioni, ingegneri industriali e gestionali, specialisti nei rapporti con il mercato, disegnatori industriali, tecnici meccanici, ingegneri civili, tecnici del marketing e ingegneri energetici e meccanici, professionisti indispensabili per guidare l’innovazione tecnologica e rispondere alle nuove sfide del mercato, come dimostra la loro rilevanza all’interno delle società più innovative, come quelle che si occupano della gestione di piattaforme di gioco e casino online, che proprio grazie al lavoro di molti di questi specialisti riescono oggi a garantire un’offerta vasta e qualitativamente elevata di svaghi, dalle slot machine di ultima generazione come Wild Chase Tokyo Go a tavoli di poker e blackjack.

Si tratta dunque di professioni fondamentali per la crescita dei settori più innovativi e ad alto valore aggiunto dell’economia italiana, come i servizi finanziari e assicurativi, il settore informatico e delle telecomunicazioni, e le industrie metalmeccaniche ed elettroniche, dunque la loro scarsità in termini numerici rappresenta un problema non di poco conto.

Il ruolo della formazione nella digitalizzazione

Per affrontare efficacemente questa sfida e recuperare il gap accumulatosi nel tempo, l’Italia deve puntare sulla formazione e sullo sviluppo delle competenze digitali. Le scuole superiori e le università stanno già ampliando l’offerta di corsi e programmi in ambito STEM, ma è necessario un ulteriore sforzo per allineare l’educazione alle esigenze del mercato del lavoro.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e la Strategia Nazionale per le Competenze Digitali (SNCD), per esempio, sono passai cruciali in questa direzione, poiché mirano a promuovere l’acquisizione di competenze digitali specialistiche sia nelle scuole che nelle università, ma anche all’interno delle stesse aziende e della pubblica amministrazione.

Per superare il divario tra domanda e offerta di competenze digitali, è dunque essenziale un approccio integrato che coinvolga governo, istituzioni educative e imprese. Le aziende devono promuovere la formazione interna e lo sviluppo delle competenze digitali dei propri dipendenti per mantenere il passo con l’evoluzione tecnologica, ma contestualmente le scuole e le università devono continuare a espandere e aggiornare i loro programmi per includere le competenze digitali più richieste.

Partnership tra istituzioni educative e imprese possono dunque aiutare a progettare corsi e programmi di formazione che rispondano direttamente alle esigenze del mercato del lavoro, con l’obiettivo di incentivare l’interesse per le discipline STEM tra i giovani.

A livello istituzionale comunque, grazie alle misure previste dal PNRR e alla Strategia Nazionale per le Competenze Digitali, si stanno già definendo e programmando interventi per migliorare la formazione digitale in Italia. Per esempio, l’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) sta promuovendo la diffusione delle competenze digitali nelle scuole, nelle università, nelle aziende e nella pubblica amministrazione.

Insomma, è tempo di agire, investendo nella formazione e promuovendo una cultura del continuo apprendimento per preparare le nuove generazioni a diventare i protagonisti del cambiamento tecnologico. Solo in questo modo il nostro Paese potrà tenere il passo delle altre economie avanzate e costruire un futuro più roseo.

  •