Mafia, blitz a Palermo: manette per ex concorrente del Grande Fratello

Il Caudino
Mafia, blitz a Palermo: manette per ex concorrente del Grande Fratello

Arresti e processi degli ultimi anni non hanno ancora fermato Cosa nostra siciliana, che continua a reclutare insospettabili, magari in difficoltà economiche, come Daniele Santoianni, l’ex broker di una società fallita che si era reinventato concorrente del Grande fratello 10.

Finita l’esperienza in Tv, aveva iniziato a fare da prestanome in una società per la vendita del caffè. Ora, è ai domiciliari, la procura di Palermo e il nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza l’accusano di essere un ingranaggio importante della grande macchina di riciclaggio architettata fra Palermo e Milano dai rampolli del clan Fontana, storica famiglia di mafia, che da qualche anno si sono ormai trasferiti in Lombardia.

Questa notte, è scattata un’operazione imponente, con 91 ordinanze di custodia cautelare in carcere. A Palermo, stavano i fedelissimi del clan dell’Acquasanta, la zona ovest della città: gestivano estorsioni, controllavano le gare all’interno di alcuni ippodromi, e si erano anche infiltrati in una cooperativa che lavora ai Cantieri navali del capoluogo siciliano.

In Lombardia, stavano invece i registi dell’operazione: i fratelli Fontana, Gaetano (44 anni), Giovanni (42) e Angelo (40), i figli di don Stefano, uno dei fedelissimi del capo dei capi Totò Riina morto nel 2013. In manette anche la figlia del boss dell’Acquasanta, Rita, e la moglie, Angela Teresi. In Lombardia stavano anche gli insospettabili che gestivano l’ultimo investimento della cosca, la commercializzazione di cialde e capsule di caffè.

E’ un’indagine complessa, questa. E’ stata coordinata dal procuratore capo di Palermo, Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Salvatore De Luca, dai sostituti Amelia Luise, Dario Scaletta e Roberto Tartaglia (oggi, vice capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria).

Un’indagine che ripercorre tanti nomi su cui aveva iniziato a indagare il giudice Giovanni Falcone, alla fine degli anni Ottanta: nel regno dei boss dell’Acquasanta, in vicolo Pipitone, c’era la base operativa dei killer di Totò Riina, da lì partivano per gli omicidi eccellenti. Passato e presente tornano a intrecciarsi nelle storie della mafia palermitana. Che appare insidiosa più che mai, per la capacità che ha di infiltrarsi nel tessuto economico, soprattutto in questi mesi di crisi dovuta all’emergenza Covid.

Il gip che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare, Piergiorgio Morosini, rilancia l’allarme: “I clan sono pronti ad approfittare della situazione attuale, sono sempre pronti a dare la caccia ad aziende in stato di necessità – ha scritto nel suo provvedimento – Con la crisi di liquidità di cui soffrono imprenditori e commercianti, i componenti dell’organizzazione mafiosa potrebbero intervenire dando fondo ai loro capitali illecitamente accumulati per praticare l’usura e per poi rilevare beni e aziende con manovre estorsive, in tal modo ulteriormente alterando la libera concorrenza”. Con gli arresti sono scattati anche sequestri di società e immobili per 15 milioni di euro.

L’anno scorso, era stata già sequestrata una gioielleria dei Fontana a Milano, in via Felice Cavallotti, nel cosiddetto “quadrilatero della moda”, a metà strada fra il duomo e il tribunale.

I rampolli di Cosa nostra puntavano sempre a nuovi affari, per riciclare i soldi provenienti da Palermo. E cercavano di non dare troppo nell’occhio, Gaetano era stato scarcerato tre anni fa, la gioielleria l’aveva intestata alla convivente. E poi aveva pure acquistato degli appartamenti in alcune zone residenziali.

Ma il vero affare su cui puntava era quello del caffè: prima, con alcune aziende che si occupavano della produzione, poi aveva scelto di investire solo sulla distribuzione. Sono tre le società sequestrate: due a Milano, una Palermo. Una amministrata ufficialmente dall’ex concorrente del Grande fratello.

Gli investigatori del nucleo speciale di polizia valutaria, diretti dal tenente colonnello Saverio Angiulli, hanno ricostruito i passaggi di denaro e i nuovi investimenti che stavano per partire. “Cosa nostra spa” non conosce crisi, i Fontana e i loro insospettabili manager avevano a disposizione una grande riserva di liquidità.