Moiano: La Pietà nostra

Redazione
Moiano: La Pietà nostra

Moiano: La Pietà nostra. Domani, 20 gennaio, la Chiesa festeggia San Sebastiano, tra i santi non a caso più noti e tra quelli più frequentemente presenti in tutta la storia delle arti.

A Moiano, nell’importante chiesa di San Sebastiano che ho avuto occasione di studiare e di scriverne la storia fino a quel momento completamente ignota (studio variamente nel corso del tempo oggetto di plagi, scopiazzature sgangherate, mancate citazioni e altre amenità), esiste una statua che raffigura il santo nel momento del suo martirio. Ma si tratta soltanto della pessima sostituzione di una statua ben più antica, risalente alla metà del XVI secolo.

Di questa precedente statua, pregevole stando a quanto ci riportano le fonti nonché alle poche testimonianze orali, si è persa ogni traccia ed è parte di quella serie di gravi mutilazioni che ha dovuto subire il monumento a causa di amministrazioni a dir meno dissennate. E che si dovrà aver cura di raccontare in una occasione futura.

Tra le opere fortunatamente sopravvissute a tale furia di involontaria iconoclastia della mediocrità v’è la cosiddetta Pietà, un gruppo ligneo di pregevole fattura risalente alla seconda metà del XVIII secolo, attualmente visibile nel transetto della chiesa.

Più o meno recentemente ne sono state tentate ipotesi attributive, incerte quando non manifestamente infondate. In realtà resta tuttora ignoto il suo autore, anche se non si fatica a collocarne la realizzazione nell’ambito della ultima stagione del barocco maturo, ormai prossimo a lasciare spazio alle incipienti spinte classicistiche.

Il «Cristo Morto, e la Vergine Addolorata assai bella», come riporta una fonte del tempo, è certamente tra le opere preminenti di quella sorprendente, piccola e grandiosa enciclopedia del barocco che è la chiesa di San Sebastiano a Moiano.

Nel 1997 è stata sottoposta a un accurato intervento di restauro, eseguito dalla OMOU, grazie al quale è stato possibile recuperarne i non pochi segni di deterioramento che una incredibile serie di inopinati spostamenti nel corso del tempo aveva provocato.

Il restauro è stato reso possibile dal finanziamento derivante dalla vendita di un libro, La memoria del viaggio, che ho curato nel 1995 con Amerigo e Marcello Ciervo. Proprio a causa della natura emergenziale che investiva lo stato di conservazione della Pietà ci è stato subito chiaro dover privilegiare ogni sforzo, rinunciando espressamente a ogni profitto, a favore del recupero di uno dei beni storico-artistici più importanti di tutta la Valle Caudina.

Così scrivevamo nel 1997, in una brochure di presentazione nel giorno della inaugurazione del restauro (Il restauro della “Pietà” della Chiesa di S. Sebastiano in Moiano, 31 maggio 1997): «Il restauro della Pietà di San Sebastiano vuole, quindi, assumere i connotati di un progetto versato sempre più nel recupero della nostra ‘memoria’ storica, dal riconoscimento della nostra (e vostra) identità individuale e collettiva fin qui mortificata, vilipesa e confusa dall’ignoranza arrogante e da una sempre più strisciante mania di protagonismo, che spesso, nella migliore delle ipotesi, ha generato ‘proposte’ di stampo velleitario e involontariamente comico».

Ciò nel 1997. Ora non è chi non veda come tutto quanto si volle denunciare allora risulti oggi addirittura ottimistico alla luce degli esiti attuali. Nel momento cioè in cui l’antropologia del degrado ha attinto i caratteri della sistemicità che ho avuto modo di segnalare in precedenza, e la mistificazione cialtrona si è ritagliata il ruolo di alfiere della nuova ignoranza.

Tuttavia, malgrado questa condizione attuale così poco rimarchevole, così manifestamente retriva, è possibile – vorrei dire doveroso – operare alla volta del recupero e della tutela di altri importanti pezzi dell’insieme culturale che ci riguarda, senza trascurare il recupero di tutto quel che è stato precedentemente oggetto di attenzione delle istituzioni.

Poiché chiunque, o quasi, non fatica a comprendere come ogni restauro abbia bisogno di una necessaria e preziosa opera di quotidiana manutenzione, senza la quale ogni recupero rischia di essere vanificato.

Con buona pace di tutti coloro i quali, essendosi stancati di giocare a biglie hanno improvvisamente seguito la via di Damasco della fascinazione della memoria. Ignorando però come la memoria non sia precisamente un vestitino da esibire nei momenti di festa, ma una vertigine di incognito e al contempo irredimibile che necessita di studio. Tanto, ineludibile e meticoloso. (Foto grazie alla cortesia Arciconfraternita SS. Rosario Moiano)

Giacomo Porrino