La morte di De Mita, quando intervistavamo la Storia

Redazione
La morte di De Mita, quando intervistavamo la Storia
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La morte di De Mita, quando intervistavamo la Storia. Non era semplice intervistare Ciriaco De Mita. Tutti i cronisti della televisioni private lo sapevano bene. Rubargli una battuta, soprattutto prima di un suo intervento, era impresa ardua. Se qualcuno ci provava, davanti alla ressa di microfoni poteva rispondere lapidario: ” Parleremo di questo argomento, statemi a sentire”.

Lasciarsi andare

A volte, però, si lasciava andare. Probabilmente era di buon umore e rispondeva a quelle domande che lui riteneva intelligenti. Tanto da chiedere anche il nome del cronista che gli aveva fatto la domanda e poi lo avrebbe citato nel suo intervento successivo.

Ma poteva anche capitare che rispondesse. ” con te non ci parlo” perchè magari qualche osservazione del giornalista di turno non gli era affatto garbata.

A chi scrive è capitato diverse volte di intervistarlo, subendo la stessa sorte di tanti colleghi o giovando delle sue risposte. Solo ora, a distanza di tanti anni, quando De Mita ci ha lasciato da poche ore, si può andare con la mente a quei ricordi in modo abbastanza oggettivo.

Quando ci affannavamo a fargli domande, a porgergli il microfono, aspettando una sua risposta, non ci eravamo mai resi conto che stavamo intervistando un pezzo  di storia del nostro paese.

Deputato, ministro, vice segretario e poi segretario della Democrazia Cristiana, presidente del consiglio ed ancora deputato, eurodeputato e poi sindaco di Nusco, Ciriaco De Mita è stato un assoluto protagonista della politica italiana, dalla metà degli anni sessanta sino ai primi anni del novanta.

E’ rimasto fuori dal parlamento solo nel biennio 1994/1996. Già nel 96 tornò ad essere eletto deputato con una propria lista, nel suo collegio, e con un patto di desistenza con l’Ulivo. Ma a quel punto già aveva iniziato a ridurre la sua sfera di influenza alla sola Campania.

De Mita tutta la vita

Giudizi lapidari sugli avversari, critiche feroci a chi dei suoi sbagliava, clamorosi abbagli e sempre l’Irpinia, ancora meglio l’Alta Irpinia nella testa. Sotto un viadotto lungo l’Ofantina si legge questa scritta, De Mita tutta la vita. Ora, però, il re è morto e non ha eredi.

                                                                                                                                    Peppino Vaccariello