La morte di De Mita, la politica del tressette
La morte di De Mita, la politica del tressette. Quando Ciriaco De Mita ha ricoperto i ruoli di segretario nazionale della Democrazia Cristiana e di Presidente del Consiglio dei Ministri, Nusco, il suo paese natale, divenne meta degli inviati dei grandi quotidiani nazionali.
Il rito del tressette
In quasi ogni fine settimana, il presidente tornava , seguito da un nutrito gruppo di giornalisti. Tutti restavano colpiti dell’attaccamento di De Mita alla sua terra e dal rito del tressette.
Nonostante i mille problemi che doveva affrontare, le insidie da cui doveva sottrarsi, ogni volta che tornava a Nusco, all’epoca l’uomo più potente d’Italia, dava vita ad epiche partite a tressette con quelli che erano gli amici di gioventù.
Il Tressette lo aiutava a pensare, a ragionare, così spiegava ai suoi fedelissimi. Chi non conosce questo gioco, non può capire l’elasticità mentale che dona a chi lo pratica veramente bene. E, con stupore, misto anche ad un poco di razzismo, gli inviati dei grandi quotidiani, svelavano che proprio al tavolo da gioco, De Mita, sia da segretario della Dc che da Presidente del Consiglio, affrontava gravissimi problemi.
L’uomo che incontrava Reagan e Gorbagiov , che duellò con Craxi per tutti gli anni ottanta, che vide cadere il suo consigliere, Roberto Ruffilli, sotto i colpi delle Brigate Rosse, aveva bisogno della sua Nusco. Il piccolo centro dell’Alta Irpinia non era solo il suo buen retiro, era la sua Macondo, il luogo dove tornare a rigenerarsi e a meditare. Il tressette gli serviva anche a questo, a mantenere la mente allenata.
La memoria corta
Infine, a Nusco confluivano le tante persone che avevano bisogno di lui. Tutti venivano ricevuti, tantissimi sono stati anche accontentati, ed oggi, proprio questi hanno perso la memoria. Hanno dimenticato quello che il figlio del sarto di Nusco ha fatto per loro e per tutta la provincia di Avellino. De Mita perciò amava il tressette perchè chi giocava contro le regole, puntualmente, perdeva.
P.V.