Notti caudine, tra i-phone ed emarginati 2.0
E se questa Valle, di giorno, è viva-mica-tanto, senz’altro, di notte, è “diversamente” viva; eh si, perché la notte caudina è lo specchio dei tempi che cambiano, della trasformazione dello stile di vita, delle “mutazioni genetiche” generazionali, della crisi economica e dei valori; ed infine, è il teatro di infiniti cliché e “personaggi”, che, all’apparenza, è semplicissimo giudicare, ma che poi, a ben guardarli, sembrano chiederti solo di capire la loro storia.
Sono lontani anni luce gli anni delle “sagre di Paese” e delle feste di partito, a base di salsicce e “friarielli”; ancor di più, sono lontani i cinema all’aperto e gli altri momenti di aggregazione sociale, in cui diverse generazioni si contrastavano, si confrontavano ed infine si “compenetravano”, scambiandosi esperienze e sorrisi; sono passati anche i tempi delle uscite serali di “famiglia” stricto sensu, quelli in cui madre-padre-figli-nonni, all’ora di cena, partivano insieme alla ricerca della migliore pizzeria. Oggi si esce di più, le donne, anche se madri di famiglia, escono di più, soprattutto da sole; ed anche gli uomini, come sempre è stato, escono tanto; semplicemente, non si esce “insieme”; per lo meno, è cambiata la concezione della sortita settimanale della famiglia tipica.
Anzi, a dirla tutta, dalle otto a mezzanotte, girando per la Valle, non ci trovi anima viva. Solo verso le undici, le strade cominciano a riempirsi, da un lato, di gruppi di giovanissimi travestiti da adulti, disinvolti e rigorosamente “bicchiere-pieno muniti”, dall’altro, di improbabili cinquantenni abbigliati da “adolescenti” in cerca di innocenti evasioni familiari, naturalmente (anch’essi) dediti all’happy hour.
Le due “schiere” non parlano l’una all’altra, anzi, a volte non si parlano tra loro neppure i membri della stessa comitiva, affidando la socializzazione a cellulari ed iphone, sui cui schermi si perdono sguardi attoniti, in cerca di identità e connotati umani. Poi, a tarda ora, comincia la “movida” caudina vera e propria, previa trasferta di massa nei locali alla moda, dove, per fortuna, tra musica alta e bordo del bicchiere, può scappare qualche sorriso, e, forse, può captarsi qualche mezza parola sospesa nell’aria.
Dal giro, il più delle volte, restano fuori gli over trenta e gli appena quarantenni, quelli che, qualche volta, si concedono le medesime forme di evasione sopradescritte, vergognandosi (“ma solo un poco appena”) di non riuscire ad integrarsi né nell’una, né nell’altra cerchia, mentre maledicono l’inedia, la crisi economica che non permette gli spostamenti sognati, e la politica locale, così avara di iniziative culturali capaci di stimolare, congiuntamente, tutte le fasce di età.
E così, qui, la notte ci si diverte, ma- mica- sempre, mica- tanto; si incontra gente, ma- mica- tanto; e ci si amalgama con gli esponenti di varie generazioni, ma senza “compenetrarsi” davvero. La gente “appare” nei bar caudini, ed intanto, i bar ed i locali caudini chiudono, ed i caudini, alla ricerca delle propria identità, cercano ancora altre notti da vivere.
Lo fanno, talvolta incarnando i cliché classici dell’apparire, tra ragazzine vestite da quarantenni ed over quaranta con la sindrome di Peter Pan; i cinquantenni cercano ventenni già adulte, e gli adulti, mai cresciuti, vivono un’altra gioventù. Qui ci trovi le sostenitrici de “il corpo è mio” tradizionale, e le nuove interpreti del principio, modificato in “il corpo è mio, se lo decido io è della piazza, lo uso come voglio, ci faccio carriera e son-solo-fatti-miei”; ed in mezzo, una generazione a metà, fatta da non-bacchettoni, che certe evoluzioni – involutive, tuttavia, non sanno proprio capirle.
Alle volte, le notti allegre, le notti brave, sono sano divertimento. Altre volte, sono solo la passerella di schiere di emarginati dediti alla movida, che, intanto, aspettano che il mondo capisca le loro storie, tutte uguali e diverse, e comunque ancora tutte da raccontare.
Rosaria Ruggiero