Otto marzo: Una festa per le donne più deboli

Redazione
Otto marzo: Una festa per le donne più deboli
 Ci farà bene, domani regalare una mimosa. E’ sempre bello regalare un fiore ad una donna: alla moglie, alla fidanzata, alla sorella, alla mamma o, semplicemente, ad un’amica. Ma le mimose hanno un odore sempre più strano. Non per colpa dei fiori, per carità, ma per il significato che ha assunto la festa della donna. Fanno un po’ senso, ad esempio, le spensierate cene tra amiche. Trattasi, nella maggior parte dei casi, di signore o signorine che hanno raggiunto un certo livello economico e sociale. Loro possono permettersi di uscire e non solo l’otto marzo. Mentre le ragazze del Sud, al di sotto dei 35 anni, hanno raggiunto la cifra record del 56 per cento di disoccupazione. Ed in Valle Caudina, le cose, come spesso avviene, vanno ancora peggio. Le uniche occupazioni certe per una ragazza, anche con diploma di scuola superiore, sono quelle di badante e colf. Ma anche in questo particolare campo, la concorrenza, soprattutto con le extracomunitarie, è fortissima e ci si specula, pagando sempre meno. Certo, le ragazze caudine non si arrendono; hanno la pelle e la testa dura, ma questa non è una Valle per donne. Ad esempio, sarebbe bello se, la mimosa da qui a qualche mese la portassimo a quelle donne che partono la mattina alle tre per raggiungere le serre del salernitano. Tornano a casa dopo le cinque e devono occuparsi anche delle faccende domestiche e magari, schiodare un marito da una macchinetta mangiasoldi. Di quelle donne non si occupa nessuno, eppure le vediamo tutti. Hanno il viso scavato dalla fatica, quella vera, quella che ti fa piegare la schiena per più di otto ore, sotto una cappa di caldo opprimente, per una manciata di euro. Quella fatica serve per avere un piccolo sussidio di disoccupazione e fare un periodo molto limitato di malattie grazie ai cui andare avanti. Le vediamo tutti, ma mai un politico, uomo o donna che sia, si è mai occupato veramente di loro. Le organizzazioni sindacali si girano da un’altra parte, fa niente che si lavora molte più ore di quelle che ti devono pagare, tanto son donne. E le nostre intelligentissime ed affermate intellettuali, quelle sempre pronte a postare su Facebook la propria indignazione sulla fame nel mondo, sono mai salite a bordo di uno di quei pulmini? E quante volte, quelle passeggere, tornano a casa e sono botte, perché lui ha bevuto troppo o perché ha perso una scommessa? Le lacrime vengono soffocate dalla rassegnazione perché queste donne sanno di non poter contare su nessuno. Una di loro, nell’isola felice che è Cervinara, nell’agosto del 2011 è stata ammazzata proprio mentre tornava dal lavoro, ammazzata perché così andava al marito. A queste ragazze, mogli e magari nonne, nessuno porterà mai loro una mimosa mentre vanno a lavorare. Non sappiamo neanche quante siano, le vediamo ma sono invisibili. Queste parole non serviranno a nulla, ma Il Caudino vuole dedicare a loro l’otto di marzo. Meriterebbero molto di più, dovrebbero essere cosparse di fiori per come affrontano la vita, noi non le vogliamo dimenticare.
Peppino Vaccariello