Patto dei Cammini: intesa fra Vescovi e Regione Campania
Dal 24 al 26 giugno a Benevento, i vescovi della metropolia di Benevento – Felice Accrocca (Benevento), Arturo Aiello (Avellino), Domenico Battaglia (Cerreto Sannita-Sant’Agata de’ Goti-Telese), Pasquale Cascio (Sant’Angelo de’ Lombardi-Nusco-Bisaccia), Sergio Melillo (Ariano Irpino-Lacedonia), Riccardo Luca Guariglia (abate di Montevergine) hanno promosso il primo Forum degli amministratori campani sul tema “Consapevolezza, start up di comunità e dialogo tra territori”, a partire dalla lettera-documento “Mezzanotte del Mezzogiorno?”, con la quale i vescovi a maggio hanno lanciato l’allarme sulle difficoltà in cui si dibatte il territorio su cui insistono le diocesi affidate alle loro cure. Prima tra tutte, lo spopolamento. Presentato nell’ultimo giorno dei lavori il Patto dei cammini, tavolo istituito dalla Regione per le aree interne.
Vi proponiamo l’intervista rilasciata a Gigliola Alfaro, per Agensir, dal vescovo di Benevento Felice Accrocca.
Eccellenza, a maggio voi vescovi della metropolia di Benevento avete lanciato il grido di allarme nel documento “Mezzanotte del Mezzogiorno?”: cosa sta succedendo?
Oggi il nostro territorio sta morendo: ogni anno perdiamo nella sola provincia di Benevento un paese di giovani, quelli che restano sono i vecchi. In Campania un’altra area di crisi, con problematiche diverse, è la Terra dei fuochi. Anche se qui, in alcune zone, ci sono questioni riguardanti i rifiuti: nel comune di Sassinoro, al confine con il Molise, s’intendeva tempo fa realizzare una discarica che si è tentato di bloccare perché c’era il rischio di inquinare le falde del Tammaro, la riserva d’acqua di Campolattaro. Quindi, a noi non mancano problemi di questo tipo, ma il dato più macroscopico è lo spopolamento del territorio progressivo e inarrestabile, che porta via i giovani, che fanno famiglia e figli.
Chi rimane ha voglia di fare?
I giovani, che hanno scelto di restare, vanno sostenuti e premiati. L’anno scorso, con il Progetto Policoro, ho fatto un giro dei paesi e ho incontrato i giovani nei pub. Sono andato anche nel Fortore, quel cuneo della diocesi a confine con il Molise e la Puglia, la zona più interna dell’entroterra dove ho trovato giovani imprenditori che mi hanno fatto tenerezza per la passione con cui hanno deciso di non abbandonare la loro terra.
Questo disagio delle aree interne non è solo della Campania…
No, la situazione delle aree interne è l’unico aspetto che accomuna l’Italia. Questo problema si vive anche in Piemonte, in Lombardia, in Emilia Romagna e in tutta la fascia interna appenninica. Perciò, ritengo che il laboratorio, costituito dal nostro Forum, sia un segnale da cogliere in tutto il Paese perché occorre affrontare il problema delle aree interne non dal punto di vista di un territorio specifico, ma di tutta l’Italia. È necessario uno sguardo del governo a questa situazione.
Tra le proposte che lei ha avanzato aprendo i lavori del Forum c’è stata quella di cambiare il criterio di assegnazione delle risorse…
Sarebbe utile tener presente non un unico coefficiente, cioè il numero della popolazione, ma considerare diverse voci, naturalmente non tutte con la stessa valenza. Finora, il criterio è stato: pochi abitanti, poche risorse. Di fatto, noi che abbiamo pochi abitanti e poche risorse, abbiamo anche un territorio vasto da salvaguardare. Non è lo stesso percorrere strade in montagna che in pianura ed è anche costoso il mantenimento. Per questo, il criterio del numero della popolazione non può restare l’unico per assegnare risorse, ma anche la superficie territoriale e la tipologia dei territori. Mandare al macero certe zone significa danneggiare, alla fine, tutta la Nazione.
Che partecipazione avete registrato al Forum?
Veramente buona. Solo on line abbiamo avuto un centinaio di iscrizioni e in loco almeno 250 persone: ci sono i corpi sociali intermedi, consiglieri comunali, sindaci, associazioni sul territorio. Noi vorremmo – e qui è la sfida – che non si esaurisse tutto qui, nel Forum.
Cosa chiedete alle istituzioni?
Chiediamo, innanzitutto, un’attenzione, che il problema sia messo a tema, una progettualità seria, che tenga conto della globalità dei fattori in gioco. A Benevento, ad esempio, è stata realizzata l’Università, ma gli studenti non possono raggiungere la domenica sera la città per essere sul posto il lunedì mattina presto perché non ci sono treni. Il problema dei trasporti e delle infrastrutture per le zone interne è fondamentale. Chiediamo una progettualità che non sia a compartimenti stagni ma strategica, che guardi le problematiche su media e lunga distanza. Una progettualità che non privilegi le ottiche particolari, il campanile. Qui ogni sindaco, per mostrare un risultato, ha costruito una scuola, ma ora non ci sono bambini. Sarebbe auspicabile che i Comuni si consorziassero perché in un territorio siano forniti i servizi distribuendoli in modo razionale e funzionale alle esigenze reali della popolazione. Bisogna agire pensando che il bene del tutto precede quello della singola parte, evitando i protagonismi. Serve fare gioco di squadra.
Qual è il frutto più importante del Forum?
Abbiamo ufficializzato con la Regione Campania l’istituzione del Patto dei cammini, cioè un Tavolo regionale per le aree interne. La Regione ha chiesto che uno o due vescovi possano fare parte attiva di questo Tavolo: adesso noi vescovi dovremo valutare la liceità di questa richiesta, anche dopo un confronto con gli organismi competenti. Il Tavolo avrà funzioni di coordinamento, di promozione e di azione: potrà favorire nella presentazione di progetti e nella identificazione dei fondi dell’Unione europea e della sostenibilità dei progetti stessi.
E quali gli aspetti che hanno sorpreso di più i partecipanti?
La forza dell’incontro, la novità della formula e il fatto che la chiamata sia venuta dai vescovi, ma il segnalare i bisogni e guardare avanti fanno parte della profezia della Chiesa. La formula stessa dell’incontro è stata importante perché ha favorito la sinergia e stabilito delle relazioni, ha messo insieme canali che viaggiavano paralleli.
Quello che abbiamo realizzato è una convivialità delle competenze, avendo partecipato al Forum amministratori ma anche rappresentanti delle parti sociali e del territorio, presidenti di pro loco: ciò ha permesso di mettere insieme le domande e dare delle piccole risposte. Soprattutto il Forum ha mostrato la necessità di un approccio globale ai problemi e del camminare insieme su tali questioni. Tanto in ambito ecclesiale quanto in quello politico-amministrativo, spesso si cammina come le parallele di Giolitti: si affrontano gli stessi problemi, ma ognuno naviga senza sapere quello che fa l’altro.
Ci sarà un secondo Forum?
Certamente, sarà un appuntamento annuale. In futuro, cercheremo di coinvolgere altre aree interne attigue alle nostre, come l’Alto Casertano o la zona della Puglia Daunia. Abbiamo anche pensato di realizzare una piattaforma di comunicazione tra di noi per avviare un concorso di idee.