San Martino e l’arte contemporanea: un patrimonio da salvare

Un comune in controtendenza che fa ben sperare

Redazione
San Martino e l’arte contemporanea: un patrimonio da salvare

San Martino e l’arte contemporanea: un patrimonio da salvare( di Giacomo Porrino ).

È così, Thomas Eliot sosteneva che la maggior parte dei problemi del mondo è causata da gente che cerca di essere importante. E del mondo, quale che sia l’idea di come lo si voglia distruggere, fa parte anche la Valle Caudina.

Dove da anni, sempre più ossessivamente si affolla ogni estate, puntuale come un Do di petto di Pavarotti ne la La fille du régiment di Donizetti, il caravanserraglio di festivalini, rassegnucce, presentazioncine, proloco, prolochine e sproloqui a corredo, associazioni che di culturale hanno al più la marca del detersivo, kermesse un tanto al chilo buone soltanto alla cucina gourmet di patetismi egotici privi finanche della dignità di una pernacchia.

Di tutta questa poltiglia velleitaria e dannosa ne ho già parlato in passato, e niente è cambiato nel frattempo. Qualcosa è finanche peggiore, ma mentirei se me ne dicessi stupito. Sicché non lo dico.

E tuttavia, in mezzo a questo niente esiste un comune dove, per una impredittibile e per qualche verso imperscrutabile ragione, ancora oggi l’arte trova un suo buon rifugio. Quasi uno scandalo nel mezzo dello squallore diffuso e consolidato.

Una felice sovversione che si oppone a questa putrescenza vive a San Martino Valle Caudina. Il sindaco, Pasquale Pisano, è da molto tempo impegnato in un lavoro che mi piace definire di pragmatismo poetico.

Quello slancio, cioè, autenticamente volto alla attenzione rivolta con serietà alle istanze dell’arte contemporanea vera, non improvvisata. Quella che sopravvive come un manipolo di esseni nel deserto della Giudea, malgrado tutto.

E non è per un caso, come è del tutto evidente, che il buon Pisano abbia da molto tempo scelto di investire significativamente nel coinvolgimento della sola realtà culturale che si possa intravedere come autentica in queste terre desolate.

Interzona è una realtà che opera e sviluppa progetti culturali e produzioni di arte contemporanea da quasi venticinque anni realizzando un corposo elenco di esperienze di livello ben oltre le angustie dei campanili locali.

E non è un caso se per lungo tempo Interzona, con le sue creature Liminaria e Interferenze, è stata costretta a un esilio, felice e fecondo in ogni caso, portando il proprio discorso geograficamente lontano dalla Valle Caudina. Il merito di Pasquale Pisano sta anzitutto nell’aver compreso l’importanza strategica per la sua comunità di riacciuffare questa energia nitida per metterla al servizio della sua comunità.

E ve ne fossero altri di sindaci in grado anche solo di avvicinarsi a simili intuizioni, ve ne fossero. Ciò per dire che non tutti gli amministratori sono sempre e comunque il consueto truciolame che siamo costretti a osservare troppo spesso. Non tutti gli amministratori sono solisti del raglio cui siamo costretti spesso ad assistere nelle loro mirabolanti performance.

E poi, immancabile come un Te Deum, è la prosodia dei balbettii dei vorrei ma non posso. Il canto sguaiato dei tanti che vorrebbero cantare pur non avendo alcuna voce per farlo.

La pletora dei petenti, dei richiedenti attenzione, dei forzato delle passerelle, dei miserabili in cerca di autore. tutti perennemente nell’ansia di cavare l’attenzione che non meritano. Ma che ritengono di meritare. E allora non è sufficiente una biscroma o un diesis per definire una partitura, basterebbe in questi casi solo la lettura del De homini dignitate dell’ottimo Pico della Mirandola.

O, più plausibilmente, basterebbe una pernacchia.