Tra le mani … comete, lettera del vescovo Mimmo Battaglia per Natale

Redazione
Tra le mani … comete, lettera del vescovo Mimmo Battaglia per Natale

Un figlio non lo si sceglie. Si diventa veramente padri e madri solo se c’è un’accoglienza senza condizioni di quella vita che si accende alla nostra, ma che è unica, irripetibile, distinta e diversa da noi. Anche alla Madre dell’Uomo che nacque nel primo Natale fu detto che una spada le avrebbe trapassato l’anima. Ella però volle accompagnare sino alla fine il mistero di quel Figlio, “segno di contraddizione”, non lo abbandonò nell’ora delle tenebre, e in lei l’amore celebrò la sua vittoria. Il Natale è sempre lì, dove si celebra questo mistero di accoglienza. Un uomo nasce veramente, completamente, quando viene accolto…
Non si mette davvero il piede sulla soglia del Natale se non s’impara a raccogliere una ad una, come fossero perle, le piccole-grandi benedizioni che Dio traccia sulla nostra vita, a volte proprio a partire da territori di dolore. E ci si allena a comprendere il Natale solo maturando ogni giorno parole di benedizione che fanno bene al cuore. Questo è lo stupore, la meraviglia che apre davvero alla comprensione del Natale, “tenerezza e misericordia del nostro Dio”.

Mio caro Anthony,
è Natale e sembra esserci davvero tutto. Il freddo, la neve, le città piene di luci, le case addobbate, l’albero nei nostri salotti pieno di regali e la tradizione dei presepi, piccoli e semplici, in disparte, agli angoli delle stanze, in silenzio tra povertà e calore. Quando, l’altra sera, ti ho incontrato in chiesa, ho sentito dentro di me una miriade di emozioni.
Un po’ come i pastori che, disorientati, si ritrovano insieme senza sapere perché e, come loro, anche noi ci sentiamo spesso confusi e inquieti; ma Dio posa sempre il suo sguardo su di noi. Forse sarà stato il senso dell’incanto o dell’amore a condurli alla mangiatoia, in cerca di un re o di un Dio, ma troveranno un bambino che, senza parlare, li accoglierà, li amerà. Che senza parlare, ci ha amati.
Senza parlare, ci ama. Un bambino. Come te, Anthony. Anche tu senza parlare. Bambini e amore camminano insieme, mano nella mano, perché non esiste amore che non sia bambino e non esistono bambini che non siano innamorati. Anche tu, Anthony, che non puoi vivere il tuo essere bambino come i tuoi coetanei, sei innamorato. Tu, condannato a portare un peso troppo pesante per un corpo così gracile, proprio tu, mi insegni l’amore che cos’è e mi riveli il senso di questo Natale. E di comete, come te, ne abbiamo immenso bisogno. Tutti!
E mi fai trovare la strada per credere nella vita, mi fai trovare la tenerezza nei modi e nei sentimenti, mi fai cogliere la fragilità come valore da cui ripartire. Mi fai aprire le braccia e tornare umano. Mi riveli il mistero di un’esistenza più grande di me e mi dici che la strada verso l’immenso è costellata di bambini.
In ogni notte c’è sempre una stella che illumina e ci indica la direzione, il senso. I bambini puntano sempre nella direzione giusta. E tu, Anthony, con la luce dei tuoi occhi, mi indichi la strada da seguire per raggiungere, come i magi e i pastori, quella mangiatoia e per essere, anche io, raggiunto dallo sguardo della tenerezza di Dio. Un Dio bambino. Bambini, pastori e magi, sono molto diversi tra loro, ma hanno una cosa in comune: il cielo.
I bambini perché, esprimendo desideri, hanno sempre il bisogno di credere in qualcosa, i pastori e i magi perché si sono lasciati guidare da una stella. Allora il mio Natale vuole essere fatto da adulti che si fanno bambini e che, tornando a credere in qualcosa, possano alzare gli occhi al cielo per vedere tutti quei bambini che si fanno comete nelle nostre vite e per le nostre vite. Il mio Natale vuole essere un incrocio di sguardi che possano trasmettere amore; perché ogni bambino ha il volto dell’amore, quello vero, che va oltre le parole, quell’ amore che non si ferma all’apparenza e non si accontenta nemmeno della sostanza, che ci faccia sentire tutti un po’ più innamorati, tutti un po’ più fratelli, tutti più uniti nell’abbraccio di una stella. Nell’abbraccio di un bambino. Perché ogni bambino sa essere ingenuamente luminoso.
Il Natale allora è alzare gli occhi al cielo e guardare tutte quelle luci che continuano a brillare per ognuno di noi, sempre, nonostante tutto; perché ogni stella è una vita e ogni vita è una stella. Anthony, figlio dell’incanto, questo mio sogno è per te…
“Una notte, il Padreterno si affacciò dal cielo e si mise a guardare gli uomini e le donne di questa Terra e si accorse che tutti erano stanchi, delusi e afflitti. E così allungò il suo braccio a raccogliere tutte le stelle che c’erano nel cielo, e con esse compose una scritta, mettendole una dietro l’altra: Vi Voglio Bene. Poi, vuoi per la commozione, vuoi per la tenerezza, gli scivolò una lacrima dagli occhi che andò a finire su quelle stelle, ed esse si illuminarono di una luce mai vista prima. E dalle stelle, quella lacrima cadde sulla terra e andò a finire dentro ad una mangiatoia, in una grotta, a Betlemme.
E da quella mangiatoia quella lacrima schizzò negli occhi degli uomini e delle donne. Così gli uomini e le donne riuscirono ad alzare la testa e lessero la scritta nel cielo. Ed in quella luce ritrovarono il calore, il coraggio, la forza, e la speranza per andare avanti. E ogni anno, nella notte di Natale, le stelle si allineano nel cielo, una dietro l’altra, facendo scendere giù una lacrima. E il Natale è la lacrima di Dio.”
Una lacrima di Dio, Anthony, come la tua vita; lacrima di Dio che schizza negli occhi delle donne e degli uomini. Che ricopre di luce chiunque, senza distinzione, senza fermarsi alla superficie delle cose. Quella lacrima va oltre l’apparenza, è capace di vedere oltre, di lasciarsi riscaldare dall’incanto e dalla meraviglia di un Dio che ama ciascuno in maniera unica ed infinita. L’amore infinito che riveste di meraviglia e di incanto il finito. Dio che si veste di umanità e l’umanità che diventa sede di Dio. Come la tua vita!
Eppure, quanto è difficile lasciarsi lavare gli occhi da quella lacrima, tenerli aperti alla luce. Quanta resistenza facciamo! Come siamo poco capaci di alzare la testa per osservare il cielo, questa nostra testa sempre chinata sulle ferite della nostra terra, piegata dal dolore e dalla rabbia, dall’ansia di successo o dalla fame di giustizia. Ma un altro sguardo è necessario, una nuova prospettiva è possibile e ci salva. E sei tu ad insegnarmelo, mio piccolo fratello …
Anthony, con il tuo silenzio, prega anche tu con me in questo Natale, per le donne e gli uomini che incontro sulla mia strada. Che possa quella lacrima di Dio lavare il nostro sguardo per donarci occhi nuovi su nuovi cieli.
Possa bagnare i tuoi occhi, Virginia, che cerchi la giustizia e lotti per costruirla, che canti nelle piazze coperte di fumo e sporche di violenza, e danzi con i bambini nelle periferie del mondo, nelle strade dell’Africa e dell’America Latina, che studi e sogni e combatti ogni giorno con la disillusione ed il disincanto che ti assediano, con chi ti dice che non serve a nulla, che niente cambierà mai. Possano i tuoi occhi vedere sempre oltre, e quella lacrima ti dia la forza di non tradire mai, ti dia la luce della Profezia. Grazie a te, che hai fame e sete di giustizia, perché sarai saziata.
Quella lacrima sia per te, Mimma, che ti spendi per gli ultimi della tua città, che doni il tuo tempo e le tue forze, che dai, dai, senza prendere mai nulla in cambio. Che, a volte, ti senti stanca, svuotata, non riconosciuta. Che troppo spesso ti senti sola ed incompresa. Ti dia sostegno questa lacrima che si aggiunge alle tue, ti insegni che forse quelle lacrime sono il prezzo della felicità che sai donare agli altri. Grazie per il tuo coraggio, per la tua mitezza che erediterà la terra. Possa quella lacrima consolare il tuo dolore, Luigi. La malattia di quest’ultimo tempo è il tuo calvario. Ti vedi inchiodato in un letto e se pensi a quanto nel passato sei stato capace di fare della tua vita e della tua professione un dono soprattutto per le persone più fragili, il presente ed il futuro fanno ancora più paura. In quella fragilità oggi rivedi, come in uno specchio, la tua fragilità. Sia per te compagna la fragilità di un Dio che piange di compassione e di amore, di un Dio che sulla croce, come sul tuo letto, è confitto ma mai sconfitto. Grazie a te, che soffri e sai offrire, perché sarai consolato.
La lacrima di Dio possa oltrepassare il muro della tua rabbia, Giuseppe, che sai quanto è difficile arrivare al giorno dopo senza la sicurezza di un lavoro. Che conosci l’umiliazione di incarnare questa moderna “precarietà” di cui tutti si riempiono la bocca, che ti senti un numero, una pedina, che non puoi permetterti di immaginare un domani. Precario tu, i tuoi sogni, le tue speranze, la tua stessa vita. Tu che conosci il rifiuto ed insegni la dignità, tu perseguitato di una modernità spietata, possa trovare in quella lacrima il coraggio e la solidarietà concreta di tanti, ma anche la speranza che oggi ti manca, la speranza di credere che le cose possono cambiare. Grazie a te, perseguitato, perché è tuo il Regno della giustizia di Dio.
Arrivi anche sui vostri occhi, la lacrima di infinito, nonno Antonio e nonna Pina. Su quegli occhi che hanno visto la vita e la morte, la guerra, la povertà e il progresso, che hanno visto figli nascere e speranze morire, che hanno raccontato storie ed assorbito amarezza. Il gusto salato di quella lacrima dia sapore a giorni sempre più vuoti, sempre più duri, alla vostra solitudine di oggi, al bisogno di trovare ancora un posto in un tempo che corre troppo veloce per le vostre gambe stanche. Dia sapore al senso di inutilità che vi attanaglia, vi spoglia del vostro essere donne e uomini per relegarvi nello spazio angusto di una categoria: vecchi. Quella lacrima è anche per voi, donandovi ancora l’importanza del vostro esserci, voi che non siete un peso per gli altri come sentite a volte, voi che devo ringraziare mille volte, per ogni giorno, per ogni storia, per ogni sacrificio. Per la purezza del vostro cuore, perché figli di Dio.
La stessa lacrima si posi sui tuoi occhi scuri Abdul, la lacrima di un Dio che chiamiamo con nomi diversi ma che non ci fa caso, e ci ama allo stesso modo. Una lacrima che somiglia a quelle che hai versato quando hai lasciato la tua terra in cerca di futuro e di dignità, a quelle che versi ancora oggi, che futuro e dignità non riesci a trovarli in questa falsa terra promessa, e sogni di tornare indietro, di vedere scorrere al contrario le lancette di questo tempo spietato. Non sei più il ragazzino che era partito e non sei ancora uomo, ma hai già sperimentato troppe volte sulla tua pelle il rifiuto, l’esclusione, la povertà. La condizione terribile dell’invisibilità, di radici che svaniscono senza dar posto ad altre nuove, della non appartenenza. La clandestinità, i documenti che non arrivano mai, i lavori a nero, la speranza che muore giorno per giorno. Che quella lacrima ti aiuti ad alzare gli occhi al cielo, lo stesso cielo che copre questa terra e la tua terra lontana. Che dai tuoi occhi, la lacrima di Dio possa riflettersi negli occhi di chi ti incontra ed aprire le porte del cuore.
Grazie anche a te Abdul. Perché, forse, non lo sai, ma tuo è il Regno. E ancora un’ultima lacrima è per te, Roberto, per ridare vita ai tuoi occhi spenti dalla roba. Per piangere insieme per un’altra sconfitta da portare sulla pelle e nell’anima, la sconfitta tua e di tutti. Perché la tua solitudine è la solitudine di tutti, il tuo annullamento estremo riflette quello di tanti. “Non abbiamo più grazia a celebrare gli amori, solo stordimento e frastuono. Mai tanti divertimenti e mai tanto disperati, e soli”. Così scriveva un poeta dello spirito ed io non so se parlasse di te o di me, della tua vita o del nostro Natale.
E quella lacrima sia anche per me, per ognuno di noi. Perché riusciamo a vedere tutta la tenerezza di un Dio che non ha avuto paura della storia e che ha scelto Egli stesso di farsi storia, pane e fratello per ognuno di noi. Si, pane, solo pane, per la nostra fame di infinito e di verità.
Prega con me, ancora, piccolo Anthony, perché il Dio della vita che nasce per noi possa asciugare le lacrime segrete di tanta gente, soprattutto di chi non ha il coraggio di piangere davanti agli altri. Possa entrare nelle case di chi è solo, di chi non attende nessuno. Possa gonfiare di speranze il cuore degli uomini e riempirlo di una struggente nostalgia di Lui e di una umanità nuova figlia e madre della solidarietà, della giustizia e della pace. Buon Natale, Anthony, fratello mio. E grazie di esistere.
Perché tutti abbiamo bisogno di comete come … te!

+ don Mimmo, tuo vescovo