Tre killer, 17 colpi e uno sparo alla nuca per uccidere Errico Madonna

28 Aprile 2016

Tre killer, 17 colpi e uno sparo alla nuca per uccidere Errico Madonna

Diciassette colpi di armi da fuoco. Una vera e propria pioggia di fuoco colpì Errico Madonna.
L’autopsia, eseguita dal professore Paolo Piciocchi, stabilì che il “consigliori” di Cutolo fu raggiunto da 10 colpi esplosi da una pistola 7 e 65, 5 da una 357 magnum, arma devastante, ed uno da un fucile a pallettoni.
Tutti sparati da una distanza ravvicinata, da pochi metri, in modo tale che il commando non potesse fallire in nessun modo. Addirittura, gli investigatori ipotizzarono che quella sera del 7 ottobre del 1993, il commando dei killer sarebbe entrato anche nella sua abitazione di via Carlo del Balzo dove Madonna viveva con la madre e la zia.
Del resto, qualche giorno prima la polizia gli aveva sequestrato una pistola quindi, presumibilmente, l’ex avvocato era disarmato. E la notizia aveva avuto grande riflesso su i giornali.
Insomma, quella sera doveva essere l’ultima per lui. Forse la goccia che aveva fatto traboccare il vaso era stata l’intervista concessa a Gigi Di Fiore del Mattino, dove lanciava minacce non tanto velate anche agli allora vertici istituzionali.
Dalle armi usate, secondo gli investigatori, gli assassini dovevano essere in tre.
Difficilmente un solo sicario avrebbe impugnato fucile e pistola, anche se non si può escludere completamente questa ipotesi. Secondo le pochissime testimonianze, uno degli assassini indossava una vistosa parrucca, mentre un altro aveva il viso travisato dal trucco.
Anche per questo motivo, le indagini partirono verso elementi della malavita locale. Tanti pregiudicati, soprattutto di San Martino Valle Caudina furono scaraventati giù dal letto da Polizia e Carabinieri e furono sottoposti alla prova dello “stube”.
Gli esami, però, risultarono tutti negativi.
Nessuno di loro aveva sparato negli ultimi giorni.
L’auto dell’agguato, probabilmente una Renualt, non fu mai ritrovata ed anche questa è una grande anomalia.
Nella maggior parte dei casi, infatti, subito dopo aver ucciso qualcuno la macchina utilizzata per il blitz è rubata e dopo viene data alle fiamme.
In questo caso, invece, no. Non solo, anche i trucchi usati per travisare i visi sono abbastanza anomali, rispetto ai metodi usati all’epoca dalla camorra, al massimo gli assassini usavano un passamontagna.
Sempre secondo la ricostruzione fatta all’epoca, una moto fece da battistrada all’auto; individuato l’ex avvocato che parlava davanti alla sua abitazione, spuntò la renault che scendeva da via dei Monti.
La strada era deserta, l’illuminazione pubblica ancora non veniva accesa e, forse, la macchina aveva i fari spenti.
Comunque la vettura venne inchiodata a pochi metri dall’ex avvocato che parlava con il malcapitato Carmine Brevetti, i sicari scesero e cominciarono a vomitare fuoco, mentre in auto era rimasto un uomo con il motore accesso. La pioggia di fuoco durò pochissimi minuti, tra i colpi, quello del fucile a pallettoni, lo raggiunse alla schiena, mentre uno della 357 magnum in mezzo agli occhi.
Ma non contenti, gli assassini gli spararono anche il colpo di grazia alla nuca.
Uno di quei colpi, purtroppo, attinse anche l’innocente Brevetti. Via Carlo Del Balzo era un vero e proprio fiume di sangue. Per tanti anni, il segno dei colpi erano ben visibili nel muro e nella porta dell’abitazione. I sicari svanirono nella notte e da allora, di loro non si sono avute più notizie. (Continua)

Peppino Vaccariello

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