Valle Caudina: 25 Aprile memoria che non va perduta
Il 25 aprile profuma di bucato, appena lavato, steso al sole ed al vento di primavera. Ha il sapore del pane, quello bianco, appena sfornato. Del tabacco aromatico di una camel senza filtro e di una gomma americana. Ha il colore rosso, non solo dei fazzoletti e delle bandiere partigiane, ma soprattutto del sangue versato. Ha il suono di Bella Ciao, del Boogie-Woogie, senza dimenticare Tammurriata Nera e Munasterio ‘e Santa Chiara. Ha la forza di un abbraccio, la delicatezza di un bacio e la dolcezza di un’ultima carezza che non è stata data. Il 25 Aprile è la scoperta della libertà, che ti fa andare in montagna a combattere, che ti fa rifiutare di indossare la divisa nera dell’esercito di Salò, che ti fa nascondere un ebreo, che ti fa fare la staffetta, ad appena 15 anni, che ti fa sentire fiero di stare dalla parte dei giusti. Sono trascorsi 70anni dal 25 aprile del 1945 ed abbiamo il dovere di non dimenticare che si è speso con gesti, grandi e piccoli, per dare dignità e portare la libertà al nostro paese. Concordiamo con il presidente Mattarella, pietà per tutti i morti, ma mai incorrere nell’errore di equiparare i due fronti in campo, Da una parte c’era l’orrore assoluto, dall’altra la meglio gioventù che seppe dire no e seppe resistere. In Valle Caudina, fortunatamente, non abbiamo conosciuto la guerra partigiana. Da noi, gli alleati arrivarono nell’ottobre del 1943 e solo pochi mesi restammo con i tedeschi in casa e con il terrore dei rastrellamenti. Ma anche senza stragi ed esecuzioni sommarie, quelli dei nostri nonni non furono giorni facili. Proprio quest’anno ho avuto la fortuna di collaborare ad un bel progetto dell’istituto comprensivo Francesco De Sanctis di Cervinara, diretto dalla preside Serafina Ippolito. Con l’esperto di storia Francesco Bello, guidati dalla professoressa Angela Cantone, i ragazzi, sia delle medie che delle elementari, hanno raccolto la memoria dei loro nonni o delle persone anziane che hanno vissuto quel periodo. Storie di paura, di fame, di aberrazione. Storie che ragazzini di appena dieci anni non dovrebbero mai vivere, eppure si ripetono ancora in tante parti del mondo. La scuola ha comunque raccolto degli importanti granelli di memoria e li trasmetterà. Perché i ragazzi hanno registrato le loro testimonianze e lo hanno fatto, raccontandosi in prima persona come se fossero stati loro i protagonisti. Non solo, alcune nonna sono venute anche a scuola e davanti le telecamere hanno sfoderato i loro ricordi. Se non ci fosse stato quel progetto, quelle storie e quella memoria sarebbero andate perse. Ed oggi, 70 anni dopo, il 25 aprile è memoria che non deve essere perduta.
Peppino Vaccariello