Valle Caudina: 25 Aprile, sapori, colori e suoni della libertà

Redazione
Valle Caudina: 25 Aprile, sapori,  colori e suoni della libertà
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L’odore della libertà è quello di una saponetta americana e dell’insetticida, usato per spidocchiare i soldati tornati dall’orrore. Ma anche del dopobarda alla menta che usavano i Paisà e di acqua di colonia da poche lire. I sapori della libertà sono tanti. La libertà sa di carne in scatola, di pane bianco, di gomma americana e cioccolata ed ha l’aromatico sapore di un tiro di camel senza filtro. Anche i colori della libertà sono tanti, ma il rosso predomina dopo tanto nero. Il suono della libertà è quello di Radio Napoli, quella che il 25 aprile del 1945 continua a ripetere che la guerra è finita. In Valle Caudina la guerra finisce prima. L’avanzata anglo americana risparmia alla nostra gente la ferocia della guerra partigiana. La risparmia agli anziani, alle donne e ai bambini, ma non agli uomini. Loro sono in divisa sui fronti che la follia del nazifascismo ha aperto in Europa. Tanti non torneranno. In molti dopo l’8 Settembre del 1943 non hanno accettato di combattere con i nazisti e sono stati internati nei durissimi campi di lavoro in Germania. Altri sono saliti in montagna e li chiamano partigiani. Pochi decidono di indossare la lugubre divisa di Salò.
A casa, gli anziani nascondono le donne perché quei bei ragazzi che sono venuti a liberarci pensano di poter comprare tutto perché tanta è la miseria e la fame. Ma c’è pure chi non si vende. Il grano scarseggia ed i bambini devono diventare grandi e si avventurano sino in Puglia ed in Molise per comprare qualche chilo di farina. Farina vuol dire pane, pane significa far sopravvivere la famiglia, in attesa che gli uomini tornino dal fronte. Il sogno di quei giorni è per tutti un piatto caldo. L’incubo, invece, è quello di non rivedere i soldati partiti, è quello delle donne che non vogliono vestire il nero del lutto, vogliono sperare ancora. Tanti, però, non torneranno, resteranno sotto un manto di terra straniera di cui, prima di partire, non conoscevano neanche il nome. Chi torna, invece, non vuole parlare di ciò che ha visto, dell’orrore che li ha toccati. Preferiscono il silenzio perché non si vuole più ascoltare.
Allora, come ora, si vuole dimenticare, non sapendo che l’oblìo della memoria condanna a ripetere sempre gli stessi errori.
Questi sono alcuni ricordi di chi quei giorni li ha vissuti. Ragazzini che hanno più di 80 anni. Non hanno dimenticato perché il 25 aprile del 1945 videro una gran luce di speranza negli occhi dei grandi.