Valle Caudina: la malanotte del 23 novembre del 1980 che non passa mai

Redazione
Valle Caudina: la malanotte del 23 novembre del 1980 che non passa mai
Valle Caudina: crimini e misfatti del terremoto del 1980

Valle Caudina.  Puoi anche cercare di non pensarci, ma basta uno sguardo al calendario per riportati indietro di 39 anni. Tanti ne saranno passati domani dal 23 novembre del 1980, una malanotte che chi ha vissuto non potrà mai dimenticare.

Vittime

In Valle Caudina non ci furono vittime, non si contarono i morti come nei paesi fratelli dell’Alta Irpinia e della Basilicata. Da noi ci fu solo paura, tanta paura, notti passate in auto e intorno ad un fuoco, con le notizie che non arrivavano mai.

Scossa

Paesi interi  erano stati completamente rasi al suolo da una scossa di terremoto pari a 6.9 della scala Richter che procurò quasi tremila morti. Eppure passarono almeno 48 ore prima che la macchina dei soccorsi si mettesse realmente in moto. Era un’Italia diversa da oggi, quella che entrava nell’ultimo ventennio del Novecento. Era un paese arretrato che solo sulla pelle di quelle migliaia di morti diede vita alla Protezione Civile.

Spartiacque

Il terremoto resta uno spartiacque fondamentale della nostra storia. La scossa non fece crollare solo case e palazzi, ma procurò seri danni anche alle fondamenta morali della nostra società. Da terra di contadini e montanari, in pochissimo tempo, ci trasformammo  in una landa, senza regole, di  costruttori, ingegneri, architetti e geometri. Una smania di abbattere e poi ricostruire invase tutti i paesi, procurando ferite profonde agli assetti urbanistici dei nostri paesi. Si innalzarono opere senza senso, senza storia, perchè il cemento portava soldi facili e tutti volevano guadagnare.

Malanotte

Eppure quella notte si piangeva e si pregava, intorno a quei fuochi, nelle auto, non si sapeva cosa sarebbe successo il giorno dopo, se si fosse potuti entrare in casa o meno. Mai come quella notte, la nostra gente fu lasciata da sola, fu una malanotte che sembra non passare mai.

Peppino Vaccariello