Valle Caudina, La Torre di Montesarchio protagonista del ritorno del vaso di Assteas

Redazione
Valle Caudina, La Torre di Montesarchio protagonista del ritorno del vaso di Assteas

La Torre cittadina, simbolo indiscusso di Montesarchio, ormai è pronta per essere riaperta al pubblico per ospitare il prestigioso vaso di Assteas, di ritorno dall’esposizione temporanea a Sant’Agata de Goti, luogo del suo ritrovamento.
Il baluardo, proprio in occasione di questo prezioso rientro, diventerà parte del Museo Archeologico del Sannio Caudino, già ospitato dal castello retrostante, con l’importante responsabilità e il nobile compito di custodire l’antico reperto che, a partire da giovedì prossimo, potrà essere ammirato dai visitatori caudini e non solo.
La rocca, fortificata per fini militari, in una posizione scelta fin dai tempi più antichi in quanto strategica per il controllo e la difesa della Valle Caudina, fu eretta sulla collina a dominio della città. Alla Torre, infatti, si riconosce un’origine preromana, attribuibile alle popolazioni italiche che transitarono e abitarono il luogo, principalmente sannitiche, fautrici dei fiorenti rapporti commerciali ed economici, favoriti tra l’altro dalla via Appia, strada di collegamento tra Roma e Benevento. Ancora i Romani ne continuarono a fare uso come punto di avvistamento nemico e controllo del territorio, servendosi del Monsarcis “monte fortificato”, da cui, secondo alcuni studiosi, deriva il suo attuale nome. Con le invasioni barbariche essa subì i primi danni fino a diventare una rocca abbandonata e in disuso. L’VIII secolo, segnato dalle conquiste longobarde, riportò la struttura a nuova vita, restaurata e laddove necessario ricostruita e affiancata da una nuova costruzione che potesse fortificare ulteriormente il luogo, il Castello.
Il nuovo complesso vedeva collegati i diversi edifici da un passaggio sotterraneo, utile zona di riparo, spostamento e fuga durante gli attacchi nemici. La successiva ricostruzione aragonese, operata per volontà di Federico II di Svevia, conferì al complesso l’aspetto attuale.
Fu Ferdinando II di Borbone che ne ridefinì il valore simbolico destinando la Torre e il Castello a prigione del Regno di Napoli, ricordata tra le più dure, in cui furono rinchiusi patrioti come Nicola Prisco e Michele Pironti. Tra i prigionieri, celebre rimane la storia del napoletano Carlo Poerio, cui è stata dedicata una piazza nel centro della città. L’evidenza storica di utilizzo della struttura come carcere deriva dal ritrovamento di aree adibite per i reclusi oltre a esplicite iscrizioni sui muri, inneggianti libertà di pensiero e ideale. La Torre chiude definitivamente le sbarre delle sue celle e della sua storia nel 1936.
Il fabbricato, cui si accede da un ingresso sopraelevato, che conduce ad una corte interna, ha un alto basamento scarpato, che s’innesta sulla roccia calcarea affiorante, formando un unico blocco con essa. Il complesso architettonico della Torre è composto da due volumi cilindrici concentrici ai quali sono addossati altri due corpi, di cui uno a pianta trapezoidale e l’altro, corrispondente all’ingresso, di forma irregolare. Il corpo cilindrico interno è più elevato e più alto di un piano rispetto a quello esterno ed è costituito da un solo grande vano raggiungibile attraverso una scala elicoidale, ricavata nello spessore murario. Le grate di ferro ottocentesco chiudono le pochissime aperture rettangolari, orniate in pietra.
Realizzata con la durissima roccia del Monte Taburno, la fortezza si fabbricò direttamente sul picco del colle e, unitamente alla compattezza del paramento e la riduzione al minimo indispensabile delle aperture, appare tutt’oggi quasi parte integrante del paesaggio naturale circostante.
I cittadini del posto, i curiosi, gli appassionati ritorneranno a varcare la soglia di quello che per molti è da sempre un simbolo, il riconoscimento del proprio territorio, il segno del proprio legame con esso che, ancora una volta si ridefinisce, si reinventa e si riscopre come luogo di storia e appartenenza. Ma, che si tratti di una postazione di vedetta, fortezza contro i nemici, crudele carcere per avversari politici o custode di un reperto di inestimabile valore, la Torre ha ricoperto e ricopre con sempre più vigore il ruolo che da secoli gli è stato assegnato: essere elemento di rappresentazione di un popolo, punto di riferimento, di forza e riconoscimento.

 Rita Valente