Valle Caudina, omicidio Carlino: la difesa di Fiore Clemente al contrattacco

Il Caudino
Valle Caudina, omicidio Carlino: la difesa di Fiore Clemente al contrattacco

Nella ampia e fredda aula bunker del carcere di Rebibbia, la temperatura è vertiginosamente salita man mano che i nuovi difensori del boss irpino Fiore Clemente snocciolavano dati e circostanze finalizzati a dimostrare la estraneità del loro assistito al’agguato del boss narcotrafficante Giuseppe Carlino, crivellato da cinque cinque colpi di arma da foco,freddato sul litorale laziale, davanti agli occhi di sua madre, in una calda giornata dell estate 2001. Ha iniziato l’avvocato Valeria Verrusio del Foro di Avellino ad incuriosire i Giudici togati e popolari, facendo leva sui seguenti argomenti: Clemente Fiore, condannato ad anni trenta di reclusione in primo grado, a differenza dei coimputati, non aveva in uso una utenza cellulare dedicata ed utilizzata esclusivamente per la commissione dell omicidio. Non risulta, poi, aver partecipato all’incontro di Montelupone Fiorentino allorquando furono definiti i dettagli per la esecuzione del delitto. Soprattutto, attraverso una dettagliatissima analisi degli agganci delle celle telefoniche del telefonino in uso al Clemente , l’avvocato Verrusio ha cercato di dimostrare che quest’ultimo e non risulta aver raggiunto, il giorno dell omicidio, il comune di Torvaianica, luogo nel quale Carlino fu assassinato. Interessante è stata anche la parte finale dell intervento dell avvocatessa, allorquando ha scoperto il velo su una prova sin ora mai valutata da alcuno. Con stupore la Corte ha appreso che in un colloquio avuto dal Clemente con i suoi familiari nel carcere di Bellizzi Irpino, intercettato dagli inquirenti, questi spiega , con indicazione dettagliate e credibili circostanze, la sua estraneità al delitto. A seguire, l’appassionato intervento dell’altro difensore , l’avvocato Dario Vannetiello del Foro di Napoli. Impressionante la mole delle circostanze indicate dal penalista che proverebbero, a suo avviso, l’inattendibilità del pentito Riccardo Antonio. Si va dal colore della macchina utilizzata per l agguato, al colore della macchina utilizzata dalla vittima , ai tratti somatici del Clemente , alle risultanze dei tabulati telefonici. In totale sono stati ben 26 i punti trovati dall avvocato Vannetiello che smentirebbero la versione resa da Riccardi Antonio. Nonostante l’avvocato Vannetiello abbia arato in lungo e in largo il poderoso materiale investigativo già con l’intervento profuso nell’interesse di Clemente Fiore, non ha esaurito la sua arringa. Gli verrà ridata la parola il giorno 8 gennaio in quanto ha preannunziato clamorose rivelazioni, allorquando discuterà nell’interesse di chi, secondo l’accusa, ebbe a peremere il grilletto della calibro 38 special che freddò all’istante la vittima : Pagnozzi Domenico, condannato in primo grado all’ergastolo. Pagnozzi, soprannominato nell’inchiesta cosiddetta camorra capitale, occhi di ghiaccio, è pesantemente gravato da una prova scientifica: un fazzoletto rinvenuto nel’auto utilizzata dal commando sono state trovate numerose tracce del suo DNA. Allora arduo è il compito che grava sulla difesa, seppur innegabilmente, ha suscitato notevole interesse e forte curiosità l’aver preannunziato da parte del difensore la rivelazione di prove finora sommerse nelle 70 mila pagine dell’inchiesta, non valorizzate sin ora da alcuno. Il prossimo appuntamento è fissato per il giorno 18 dicembre, udienza nella quale è previsto intervento dell’avvocato Alessandro De Federicis, difensore di Raffaele Pisanelli (colui che avrebbe procurato le armi e l auto al commando). Subito dopo, nell’interesse di Pagnozzi Domenico , prenderà la parola l’avvocato Marco Franco del Foro di Roma, il quale ha già preannunziato che il suo intervento riguarderà esclusivamente la prova più scomoda di questo processo:il DNA di Pagnozzi trovato sul fazzoletto sequestarto il giorno del delitto, solo un’ora dopo l’agguato.