Valle Caudina: passeggeri sull’orlo di una crisi di nervi

Il Caudino
Valle Caudina: passeggeri sull’orlo di una crisi di nervi
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Le testimonianze agghiaccianti degli utenti: “bande di ragazzi visibilmente alterati che fanno il bello ed il cattivo tempo sui convogli. Il biglietto? C’è chi lo paga sempre e chi non lo paga mai” Delusi, arrabbiati, frustrati e spesso rassegnati. Sono gli utenti del trasporto pubblico. Eroi moderni e silenziosi che ogni giorno devono fare i salti mortali per raggiungere il luogo di lavoro, la scuola o l’università. Abbiamo raccolto le loro testimonianze che, in molti casi, farebbero impallidire l’Ulisse di Omero. “Il lunedì è una tragedia”. A spiegarcelo è un ragazzo che per motivi professionali deve raggiungere il capoluogo partenopeo: “L’autobus, nella remota ipotesi in cui arrivi in orario, impiega un’ora e quaranta minuti per giungere alla stazione di Napoli Centrale. Spesso però, visto l’accumularsi del ritardo del bus delle 08:25, molti pendolari corrono a San Martino, nel tentativo di salire sul treno delle 09:05. Com’è possibile che un pullman arrivi a registrare mezz’ora di ritardo dopo aver percorso solo 18 chilometri?! Un’assurdità. Tra tempi di attesa, percorrenza e cambio di mezzo, a volte ho impiegato tre ore per arrivare a destinazione”. Un gruppo di studenti evidenzia la stessa problematica: “Una volta esisteva la tensione pre-esame, dettata dalla paura di non superare il confronto con il professore, di dover tornare a casa con un pugno di mosche in mano e studiare daccapo tutto il programma. Uno stato d’animo che è stato sostituito dal timore di non arrivare in orario alla sessione”. Una ragazza ci confessa: “Due settimane fa ho dovuto supplicare un docente per sostenere la prova. A causa dei soliti ritardi legati ai trasporti sono arrivata in aula fuori tempo massimo”. Ma questo è niente: Esistono dei gruppi di ragazzi visibilmente alterati che salgono, non timbrano il biglietto, e per tutto l’arco del viaggio fanno i porci dei comodi loro. A raccontarcelo è un padre di famiglia che non ne vuole sapere di utilizzare l’automobile: “pago le tasse e voglio usufruire di un servizio” si sfoga. “Sono sempre le stesse facce, potrei riconoscerli uno ad uno. Fumano, allungano le gambe sui sedili, lasciano cartacce in giro. Anarchia pura. E scendono sempre alla stessa fermata: Capodichino. Anche se non hanno mai una valigia o uno zaino che lasci pensare che si stiano recando all’aeroporto. Indisturbati e impuniti. Cosa dovrei fare? Sgridarli? Alzare la voce? Potrei passare un guaio! Resto al mio posto e qualche volta, quando si siedono accanto e ti danno a parlare, sono anche costretto a rispondergli, per una questione di quieto vivere. Un’inciviltà dilagante” Non va meglio sui treni. Anche qui bande di giovanissimi scorrazzano per i vagoni e tra atti di vandalismo, schiamazzi e maleducazione trasformano il viaggio delle persone perbene in un’agonia. “Alcuni scalmanati, saliti in Valle Caudina, non ricordo bene se a San Martino o a Cervinara, iniziarono a dare fuoco alla parte bassa delle tendine, a strappare la gommapiuma dai sedili, ad infastidire i passeggeri chiedendo di tutto: soldi, accendino, fazzoletti”. A raccontarcelo è una donna sulla quarantina che continua: “Ogni volta che vado in stazione mi viene voglia di non comprare il biglietto. La maggior parte delle persone viaggia senza ed i controlli sono una rarità. Ma poi ci “casco” sempre. È più forte di me, mi sentirei sporca, a disagio. Una ladra che ruba alla società. Per fortuna ci sono pendolari che la pensano come me ma siamo in netta minoranza rispetto agli altri. E così va a finire che c’è chi il tagliano lo acquista sempre e chi non lo compra mai”. Storie di ordinaria follia dal terzo mondo dei trasporti.

Forum dei giovani di Montesarcio
tratto dal periodico “Ora – il nostro tempo è adesso