Valle Caudina, Primo Maggio, poco da festeggiare!

Il Caudino
Valle Caudina, Primo Maggio, poco da festeggiare!

Appare persino banale ripetere che il Primo Maggio non c’è niente da festeggiare. È una frase tanto vera anche in Valle Caudina che oramai non scandalizza più nessuno. Qualche giorno fa, Rosaria Ruggiero, proprio su questa testata, in un bellissimo articolo, ci ha ricordato come tanti della sua generazione hanno dovuto lasciare la propria terra. E molti sono quelli delle generazioni successive che ogni giorno fanno le valigie. Così come le hanno fatte i loro padri, i nonni ed i bisnonni. In tutto il mondo, nei posti più disparati e lontani, puoi trovare un caudino. Stati Uniti, America del Sud, Canada, Australia ed ancora Svizzera, Germania, Belgio, Francia e tanti luoghi dell’Italia del Nord. È più di un secolo che la gente caudina affronta il mondo per cercare di costruirsi un futuro migliore. Quel futuro che la nostra terra continua a negare. Tutto questo centra con la festa del lavoro perché, magari, proprio in questo giorno si dovrebbe fare un’analisi seria, scientifica dei fallimenti delle politiche del lavoro e delle tante occasioni mancate. Basta guardare ad Airola, al nucleo industriale, per capire e maledire tutti i miliardi delle vecchie lire sprecati per sostenere un processo di sviluppo. Solo 15 anni fa, si è puntato sul tessile, proprio mentre il settore entrava in una crisi profonda, incalzato dalla tigre cinese. Ad Airola è morto il sogno di avere un apparato industriale a favore dello sviluppo della Valle. Gli altri tentativi non sono stati neanche aspettative, sogni, ma solo patetici modi di spremere denaro pubblico. Agli imprenditori privati non si possono attribuire colpe, perché in una zona priva di infrastrutture fare impresa è davvero un’impresa. Parliamo di quelli seri non di coloro che si sono arricchiti, truffando fondi pubblici. In realtà, è mancata una seria politica di sviluppo per la Valle Caudina. È stato come se si fosse voluto a tutti i costi mantenere lo status quo. Avere persone in un perenne stato di bisogno, vuol dire esercitare il potere anche per erogare il diritto più elementare. Non sono trascorsi molti anni da quando ai poveri cristi si faceva credere che anche l’indennità di disoccupazione fosse un grande favore elargito e non un diritto acquisito. Oppure fingere di occuparsi di pratiche pensionistiche e poi chiedere quasi per intero gli arretrati. Storie vere, con protagonista chi aveva gli strumenti per essere classe dirigente che, però, non lo è mai stata, perché interessata al proprio particolare e non all’interesse collettivo. E, purtroppo, quando all’orizzonte della storia stava per affacciarsi una nuova generazione, molto più consapevole ed attrezzata, con una sensibilità diversa, arriva la crisi che la disperde per il mondo. Buon Primo Maggio alle nuove generazioni, con l’augurio di vederle tornare presto perché sono l’unica speranza di questa terra.

Peppino Vaccariello