Valle Caudina: villaggi digitali e smart worker per frenare la desertificazione

Una proposta concreta arriva da Francesco Sorrentino

Redazione
Valle Caudina: villaggi digitali e smart  worker per frenare la desertificazione

Valle Caudina: villaggi digitali e smart worker per frenare la desertificazione. Il Caudino continua a raccogliere idee per cercare di fermare la desertificazione che sempre di più interessa anche la Valle Caudina.  Fermare la desertificazione vuol dire innanzitutto immaginare un nuovo sviluppo.  Il tutto nasce da un editoriale del nostro direttore Peppino Vaccariello che ha come titolo : la terra che ha smesso di sognare.

Oggi ospitiamo volentieri la proposta di Francesco Sorrentino che fa parte della famiglia del giornale. Francesco è un collega giornalista, docente e dottore commercialista. E’ stato anche amministratore del suo paese San Martino Valle  ed è da sempre un propugnatore dell’Unità della Valle Caudina.

Queste le sue proposte . Aree Interne, lo sviluppo potrebbe venire dall’innovazione digitale. Ma resta fondamentale il “capitale umano”.

Le aree rurali o interne, come la Valle Caudina, rappresentano quella parte di territorio più debole economicamente se paragonate alle città, alle zone costiere. Meno servizi, meno infrastrutture, meno risorse finanziarie, produttive, umane stanno determinando un arretramento dei nostri paesi.

Guardando ai dati demografici si può osservare che rispetto ad altri territori irpini e sanniti la nostra valle è messa meno peggio. La popolazione decresce ad un ritmo meno inteso del Fortore o dell’Alta Irpinia. Esiste un certo tessuto produttivo e imprenditoriale. Ma l’età media della popolazione aumenta.

I giovani vanno via per cercare lavoro altrove. Restano gli anziani, i pensionati. Cosa fare per invertire la tendenza. Un’occasione potrebbe venire dalle nuove frontiere della tecnologia che, con l’innovazione digitale, sta rivoluzionando l’organizzazione del lavoro.

La possibilità di essere sempre più connessi, consente di lavorare a distanza. Lo smart working imposto dal covid ha dimostrato che per alcune professioni non è più necessario lavorare stando fisicamente nello stesso luogo.

Diverse aziende, ma anche enti pubblici, attuano modelli organizzativi che sfruttano queste opportunità. Il nuovo scenario di gestione del personale è diventato un’opportunità per le aree periferiche, i paesi, le aree rurali. Alcuni enti locali, Comuni, Regioni si sono attivati per cogliere l’occasione di ripopolare le aree interne, cercando di intercettare una nuova categoria di lavoratori.

Gli smart worker

Li chiamano smart worker, nomadi digitali, imprenditori o imprese smart. Per diventare attrattivi anche i territori interni, rurali, devono diventare smart, o meglio “smart village”. Che vuol dire comuni che offrano buoni servizi digitali e non solo.

Si può tornare ad essere territori competitivi se ai punti di forza dei piccoli comuni, quali la vivibilità, la salubrità dell’aria e dell’ambiente, la minore pericolosità del contesto sociale, il più basso costo della vita, si aggiungono anche altre risorse in termini di servizi pubblici qualificati, in materia di sanità, di istruzione, assistenza ai bambini ed agli anziani, asili nido, attività culturali. Insieme alle infrastrutture. Soprattutto digitali. Si potrebbe, così, innescare un processo economicamente virtuoso di ripopolamento dei borghi e quindi di crescita.

E’ compito degli amministratori locali inserire elaborare un programma di sviluppo che punti a trasformare i nostri paesi in villaggi digitali, dove tutte gli immobili residenziali, commerciali, produttivi, anche ricadenti nei centri storici, siano serviti dalla fibra ottica.

Con la creazione di aree comuni, pubbliche, per lo smart working, da mettere a disposizione di chi non lo può fare da casa propria. Con allestimento di incubatori di imprese, dove far nascere e insediare start up innovative. Si può puntare a trattenere i talenti, i giovani, le risorse locali per non farle andare via. E nel contempo cercare di attrarre persone da altri luoghi.

Processo condiviso

Ma un processo innovativo di sviluppo può essere attivato solamente se viene condiviso dalla comunità locale, perché richiede un adeguato contesto socioeconomico in grado di recepire i cambiamenti. Spesso nelle aree rurali questa situazione è meno presente, per cui è fondamentale un’approfondita ed intensa attività di sensibilizzazione e di coinvolgimento di tutti gli attori locali, istituzionali, culturali, produttivi. Basato sull’ascolto degli attori rilevanti e sull’interazione per costruire un percorso di sviluppo territoriale condiviso, anche integrando le competenze locali.

ll recepimento e la diffusione delle innovazioni in un territorio dipendono dalle risorse umane presenti in termini di competenze e di propensione al cambiamento ed al rischio. In un contesto a minore densità demografica, come quello delle aree rurali in generale e della valle caudina in particolare, è meno probabile che siano presenti quelle risorse umane capaci di cogliere le opportunità, sia per le maggiori difficoltà di accesso ai mercati ed ai servizi, sia in quanto impegnate a contrastare un contesto ambientale sfavorevole.

Questo deficit competitivo del territorio può essere colmato se si pratica un approccio interattivo capace di stimolare, incentivare, spronare il cambiamento e quindi l’innovazione. E’ essenziale quindi puntare sull’innovazione tecnologica, digitale valorizzare e coinvolgere il capitale umano del nostro territorio affinché si possano innescare processi di sviluppo. Qualcuno faccia la prima mossa. Anche dal basso.