Clima da fine della festa: si smontano tutte le apparecchiature e le infrastrutture servite durante la notte elettorale. In giro per il Parlamento si incrociano tecnici, i giornalisti di stanza a Bruxelles, i leader dei gruppi politici che stamane si sono riuniti. Ordine del giorno: definire la modalità di scelta del presidente della Commissione europea. La posizione che il presidente Antonio Tajani porterà alla riunione informale dei capi di Stato e di governo stasera è che la scelta deve avvenire con il processo degli “spitzenkandidaten”: il prossimo presidente della Commissione deve aver “reso noto il suo programma e la sua personalità prima delle elezioni e si deve essere impegnato in un’ampia campagna”. La scelta del candidato dovrà avvenire attraverso “un dibattito strategico, trasparente e democratico” tra i gruppi politici; l’esito “servirà da base per il dialogo con il Consiglio europeo”. La posizione è sostenuta dalla “maggioranza dei gruppi politici in Parlamento” ha detto Tajani. Significa Ppe, Social democratici Verdi e Gue/Ngl.
“L’affluenza ci dà un forte mandato democratico per i prossimi anni” ha detto Martin Weber, leader e candidato del Partito popolare europeo, incontrando la stampa. Ciò si traduce in un processo per la scelta del successore di Jean-Claude Juncker fatto di “candidati e programmi”. Avendo deciso che si lavora su questa linea, difendendo il ruolo del Parlamento come luogo decisionale, “da adesso in poi dobbiamo parlare dei contenuti”, del “mandato” per i prossimi cinque anni. Il Ppe è “pronto per tutti i compromessi necessari”, perché “abbiamo perso seggi, ma siamo sempre il gruppo più numeroso”, dice ancora Weber.
I social democratici guidati fin qui da Udo Bullman hanno già messo sul tavolo le loro priorità: clima e giustizia sociale; l’obiettivo è quello di “produrre risultati concreti”; il metro di misura “la sostenibilità e l’uguaglianza”. Quindi va bene procedere con gli spitzenkandidaten ma al Ppe Bullman chiede di “definire la sua identità” e quale linea seguirà , se quella di Viktor Orbàn (premier dell’ungheria, euroscettico) o quella di Rober Schuman (uno dei padri fondatori dell’Unione europea). Ai colleghi dell’Alleanza dei liberali e democratici per l’Europa (Alde) invece dice: “ostacolare adesso il processo degli spitzenkandidaten sarebbe un grave errore”.
La posizione Alde è arrivata con un comunicato di Guy Verhofstadt, presidente uscente: ha votato contro la dichiarazione perché “finché il sistema spitzenkandidaten non è incorporato nelle liste transnazionali non è serio, né democratico”. “Per noi è importante che il prossimo presidente della Commissione rappresenti un’ampia maggioranza a livello europeo con un programma chiaro per rinnovare l’Europa”. Guy Verhofstadt accusa il Ppe di “aver ucciso la legittimità di questo processo quando hanno votato contro le liste transnazionali”.
È critica verso l’“ambiguità” dell’Alde Ska Keller (Verdi), che si dichiara favorevole a una discussione su Margaret Vestager, la cui candidatura però il gruppo Alde non ha mai ufficialmente dichiarato. Vestager andrebbe bene anche perché “non abbiamo mai avuto una donna alla presidenza della Commissione e ci manca completamente l’equilibrio di genere, anche all’interno del Parlamento”, aggiunge Keller. Per il suo gruppo, “il Consiglio deve rispettare l’esito delle elezioni e il ruolo del Parlamento”, quindi avanti con il processo degli spitzenkandidaten, parlando del mandato e delle priorità per la prossima legislatura. Cioè protezione del clima e dell’ambiente, coesione sociale, ruolo della democrazia e libertà civili.
Per il Gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica (Gue/Ngl) il processo degli spitzenkandidaten va bene, ma la leader, Gabriele Zimmer, insiste: la scelta del candidato deve avvenire in modo “aperto, trasparente e democratico”, senza “posizioni assunte a porte chiuse”. E si deve decidere in base ai programmi negoziati, non sui nomi. Zimmer non ha espresso posizioni su quale nome sosterranno. “sono la presidente uscente. Sarà il nuovo gruppo con un nuovo presidente a decidere”.
Non si vedono in giro esponenti del gruppo dei conservatori. Si è però precipitato di fronte ai giornalisti, quando la conferenza stampa era ormai ufficialmente chiusa Jonathan Bullock, eurodeputato del Brexit riconfermato per un nuovo mandato. Sventola la vittoria del partito del Brexit in Gran Bretagna, scelto dal 30% degli elettori (su una affluenza del 37% dei votanti). Il che non significa la maggioranza degli inglesi, ma poco importa.
“Democrazia significa che il potere torni agli Stati”: questo è importante secondo Bullock e questo cercherà di esprimere il Gruppo Europa della libertà e della democrazia diretta (Efdd), quando avrà ritrovato la sua composizione e il suo leader. Sollecitato dai giornalisti sul tema del giorno, la definizione delle procedure per la definizione del candidato alla presidenza della Commissione europea, non si esprime; primo perché Farage deve ancora decidere la linea, secondo perché tanto “chissà quanto rimane da vivere a questa organizzazione che noi non riconosciamo come istituzione democratica”.
Loro se ne andranno entro il 31 ottobre. (Fonte Sir)