Bar e ristoranti, la lotta impari con il reddito di cittadinanza

Redazione
Bar e ristoranti, la lotta impari con il reddito di cittadinanza
57 persone in provincia di Avellino intascavano illecitamente il reddito di cittadinanza

Bar e ristoranti, la lotta impari con il reddito di cittadinanza. Chi ha il reddito di cittadinanza non vuole più lavorare. E manda in crisi bar e ristoranti, che in questa fase assumono ragazzi per la stagione estiva.

Ma, chi riceve già il sussidio dello Stato di 780 euro ci pensa due volte prima di mettersi in moto per trovare un lavoro e rinunciarci. L’allarme arriva direttamente dal mondo Horeca, il settore che si occupa di ospitalità e ristorazione.

Il reddito scoraggia nella ricerca di un’occupazione. «C’è un problema nel problema di cui nessuno ha ancora parlato che riguarda il comparto dell’ospitalità a tavola – ha detto Paolo Bianchini, presidente di Mio Italia.

Il presidente del Movimento imprese ospitalità individua il problema nel reddito di cittadinanza, così come ogni tipo di sussidio, funge da deterrente occupazionale per i giovani e meno giovani, che preferiscono continuare a percepirlo.

E, quando si presentano ai colloqui, chiedono di lavorare in nero. In ogni caso ci pensano due volte prima di entrare o rientrare nel mondo del lavoro».

Le richieste di lavoro in nero

Scoraggiati quindi anche quegli universitari (magari fuorisede) che fino a qualche anno fa cercavano lavori stagionali per poter pagare gli studi o l’affitto. «Le eventuali esperienze occupazionali degli studenti diventano irrealizzabili.

Perché questi ultimi chiedono di lavorare saltuariamente, senza impegno, e quindi non possono essere inquadrati – continua l’allarme -. Troppo assistenzialismo in questo senso fa male, incentiva la disoccupazione.

E, soprattutto, la richiesta di lavoro in nero che mette in difficoltà i piccoli imprenditori. La politica dovrebbe battere un colpo, anche perché le esperienze lavorative, come ad esempio quella di cameriere in un locale, sono formative per un giovane studente.

Inoltre, fanno curriculum e sono considerate positivamente dalle aziende che assumono». Il quadro quindi è chiaro: chi riceve il reddito non ha intenzione di impegnarsi per pochi mesi e si “accontenta” del sussidio canonico.

Anziché cimentarsi come cameriere o cuoco per la stagione estiva, seppur con una paga più alta. I “giovani” (l’identikit in realtà è quello che coinvolge la fascia 30-35 anni) preferiscono trovare dei lavori occasionali.

Magari nei weekend, e, quello che più fa rabbia, soprattutto in nero per poter arrotondare quanto percepito dal reddito. Una grana non da poco per Anpal e per chi raccoglierà l’eredità della gestione Parisi.