Cervinara: Povero paese mio, lettera aperta dell’avv. Mimì Cioffi

Redazione
Cervinara: Povero paese mio, lettera aperta dell’avv. Mimì Cioffi

Riceviamo e Pubblichiamo

“Si, comincio proprio con tale caritatevole espressione, povero paese mio!
Negli ultimi mesi ha lambito un fondo di cui non si intravede la fine. Domani potrebbe andare peggio.
Ai disvalori imperanti, ai troppi giovani in drink, non consapevoli della gravità del loro futuro, ai politici locali, che si illudono di essere padroni del mondo, agli atti di criminalità diffusi e continui, si aggiungono le figuracce di cui davvero si potrebbe fare a meno, anche perché troppo diseducative e dissuasive (l’uomo medio si interroga: cosa mai dovranno spartirsi con la conta delle tessere?). Ho attraversato in questo piccolo paese 40 anni di vita sociale e politica, ma mai si era visto tanto degrado. Ricordo i partiti (oguno con il suo luogo di incontro), i sindacati, i lavoratori organizzati, i circoli, i movimenti giovanili, di centro e di sinistra. E c’era la destra, che seppure unipersonale ed avanti con gli anni, sapeva rappresentare con irripetibile dignità anche i suoi giovani. Ci si confrontava, ci si contrapponeva, ma con rispetto e nel nome di certi valori e di certi ideali, che a proporli oggi si rischierebbe di apparire retorici ed anacronistici. Ho il ricordo del terremoto del 1980-81, della chiusura del tabacchificio, dell’alluvione e della frana, ma ho vissuto anche la prima accensione della fiaccola a metano in piazza Trescine o, molto recentemente, l’inaugurazione del Palacaudium. Dunque, ricordi terribili che si alternano a momenti di viva soddisfazione, con conquiste economiche e sociali. E poi mi sovvengono i vincoli della zona rossa e del Parco (due rovesci della stessa falsa medaglia) che hanno negativamente condizionato la crescita e lo sviluppo della nostra comunità. Immaginate cosa sarebbero le nostre montagne senza le due strade di accesso (Coppola-Ciglio e Mafariello)???. Eppure oggi sarebbe stato vietato realizzarle in assoluto.
Nel nome del nuovismo, io vedo un decadentismo avanzante, frutto di improvvisazione ed improntitudine.
Nessuno si interroga e nessuno coopera alla costruzione di un futuro collettivo, esclusivamente impegnati ad affermare il proprio io, in politica come nel sociale. Bene! Purche’ tutti consapevoli che il processo di messa in liquidazione o autoliquidazione della passata classe dirigente, pur con i suoi limiti e contraddizioni, non sta producendo buoni risultati. Ed allora c’e’ bisogno di rivedere talune scelte ed ammettere i propri errori. Si abbia il coraggio di tornare a far parlare la politica e la società e non il singolo di turno. Bando alle investiture di impulso, bando alle scelte emozionali o peggio ancora ai veti incrociati. E bando agli inciuci. Salviamo il nostro paese mettendoci tutti in discussione, ognuno col suo impegno, le proprie capacità, la propria coscienza. Altrimenti continueremo a lanciare vacuamente il grido di dolore: povero paese mio. Oppure ad esclamare, per ogni tegola che cadrà, l’importante che non sia finita sulla mia testa.”