Donati ventilatori ai detenuti del carcere di Airola
Donati ventilatori ai detenuti del carcere di Airola. Nella mattinata di oggi, il Garante campano dei diritti delle persone sottoposte a misura restrittiva della libertà personale, Samuele Ciambriello, è stato in visita all’Istituto Penitenziario Minorile di Airola, dove ha consegnato dei ventilatori.
Summer school
Il Garante ha, così, avuto modo di incontrare i ragazzi, nel campo sportivo dell’Istituto, dove stavano partecipando alla summer school “Come vorrei”, promossa da diverse cooperative e associazioni di volontariato, tra cui “Libera contro le mafie”.
Così il Garante Ciambriello: «È importante mettere in campo idee che aiutino questi ragazzi a vivere un carcere più umano e dignitoso. Sono contento che il mondo esterno mostri attenzione verso questa struttura, nei confronti di questi ‘adolescenti a metà’.
Mi dispiace, invece, che, a volte, vengono divulgate notizie da parte dell’organizzazione sindacale penitenziarie che destano allarme e che, ancora, non si trovino risposte a chi è recluso e soffre di ‘doppia diagnosi’, perché all’esterno non ci sono ancora comunità attrezzate ad accogliere questi tipi di pazienti. Mi auguro che ci sia un a vera collaborazione tra l’area sanitaria del carcere e l’area educativa, tra gli esperti del Sert locale e l’Area educativa».
Ad oggi l’Istituto penale minorile di Airola conta una presenza di 33 ragazzi, 40 agenti penitenziari e 4 educatori e 3 professionisti esperti ex art.80, in rapporto di un educatore su quattro ristretti.
Disagio giovanile e dipendenze
Prosegue il Garante campano: «Ritengo importante che sul fronte del disagio giovanile e delle dipendenze ci possa essere sempre di più una maggiore tutela socio-assistenziale dei ragazzi ristretti. Oggi ho parlato con alcuni di loro e i loro racconti mi convincono sempre più che l’abbandono scolastico, che li ha visti protagonisti, è spesso sotteso allo sviluppo di ulteriore criticità.
In tal senso, mi auguro che, a partire dal Comune di Napoli, nonché tutti i Comuni dell’area metropolitana, possano creare un patto socio-educativo per questi adolescenti, perché la precarietà culturale, affettiva, familiare è spesso alla base di comportamenti devianti».