In sella alle Harley sul filo di una canzone e dei ricordi

Redazione
In sella alle Harley sul filo di una canzone e dei ricordi
In sella alle Harley sul filo di una canzone e dei ricordi

In sella alle Harley sul filo di una canzone e dei ricordi. Gigi Giosuè me lo aveva promesso. Un viaggetto insieme sulle nostre Harley. L’occasione arriva con un concerto dei Nomadi in piazza a Campomarino, per la festa di Santa Cristina guidati dal mitico Beppe Carletti che fu ospite con Augusto Daolio proprio a casa di Gigi in un concerto che si tenne a Cervinara qualche tempo prima della dipartita del cantante.

Harleisti su strada

È bastato poco a convincere gli altri harleisti Peppe Starace e Giovanni Formato a venire con noi. Appuntamento a casa di Gigi Giosuè per le 17:00. Io arrivo prima e lo trovo a fare le ultime verifiche alla sua vecchia Harley color turchese.

Con l’età sono diventati entrambi più belli. Lui capelli sempre più lunghi ma oggi più “biondi”, camberos consumati come i suoi jeans e maglietta nera con scritta Harley, regalo della nuova nipote Annarita Farese. La sua moto rombo di marmitte unico, stupenda dal sapore America, borse di cuoio laterali anche esse usurate dal tempo.

Dopo poco arriva Giovanni con la sua moto “Ammiraglia” con tanto di impianto musicale acceso e carico di tutto ciò che una moto può portare ma soprattutto di chitarra. Il programma è dormire a cielo aperto sul mare come dei veri “nomadi ”.

Le fantasie di una canzone cantata da ragazzino quella che racconta di un bambino cresciuto in un cortile si realizza parole per parole come in “Vagabondo”. Ecco che arriva l’ultimo pezzo mancante con un po’ di ritardo. Peppe Starace, mostra un nuovo casco da sembrare un guerriero Ninja. Si parte direzione Termoli. Il concerto è la sera stessa.

Scambiati per i musicisti

Arriviamo in paese e l’accesso è vietato ai mezzi motorizzati ma noi le moto non le possiamo lasciare cariche di tutto lontane da Noi. Un ragazzo con un monopattino elettricoci fa da guida e ci porta per altre stradine quasi sotto il palco. Il rombo delle nostre moto fa esaltare i ragazzini, uno grida “eccoli quasi che ci stessero aspettando o scambiati per i musicisti”, credo che vedendo Gigi con la barba lo avessero preso per Augusto Daolio.

Anche la polizia municipale ci lascia passare per farci parcheggiare quasi sotto il palco all’interno del parco pubblico dove si terrà il concerto. Affamati ci mettiamo alla ricerca di un paninaro ma prima una birra ghiacciata è orgasmo puro. Intanto vedo non troppo lontano da noi gli alberi tipici di un cimitero. Ho una promessa fatta molti anni fa, quella di cercare la tomba di Antonio Mariani. Ero stato tante volte a Campomarino Lido ed ho pure lavorato come cameriere nel mitico ristorante il Gabbiano di Pellegrino Piccolo, ma non ero mai riuscito a salire al paese per cercare la tomba di Antonio. Questa volta mi sono promesso che non doveva passare.

Un euro a boccale

Inizia il concerto, mentre noi siamo a consumare un pasto, sento il brano “ Ma che film è la vita” davvero se ci penso a tutta questa storia, l’audio è basso e il sound non buono, però la piazza è gremita di gente e noi occhio alle moto facciamo amicizia con i ragazzi che vendono birra alla spina. A fine serata ci fanno prezzo speciale solo a noi. Un euro a boccale. Chiedo ad uno di loro se conoscono Antonio Mariani e la sua storia ma nessuno lo ricorda qualcuno neanche era nato.

Lo chiedo anche ad un Vigile ma nessuno sa niente. A dire il vero speravo e mi aspettavo che anche i Nomadi facessero un saluto ad Antonio nella sua terra. I Nomadi conoscevano bene gli scontri e le manifestazioni studentesche di Bologna del 1977 dove morì per un colpo sparato contro gli studenti un ragazzo, Francesco Lo Russo, frequentatore di radio Alice come Antonio Mariani. Per chi non sa di quegli eventi li sintetizzo.

Un volo nel 1977

Alle 23,15 del 12 marzo 1977 la polizia sfonda la porta di Radio Alice che, grazie alla presa diretta con le telefonate dei compagni che vi partecipano, ha assicurato una straordinaria copertura degli scontri degli ultimi due giorni a Bologna. L’irruzione, armi in pugno e giubbetti antiproiettile, come se fosse un covo brigatista, si conclude con la devastazione delle strutture e l’arresto dei 5 compagni presenti, che sono selvaggiamente picchiati nei locali della Mobile. L’ultima voce di radio Alice, mentre suonano le note di “ Dio è morto” dei Nomadi, è: “Sono entrati, siamo con le mani alzate”.

Nella notte tra il 13 e il 14 marzo scatta invece il blitz militare con i carri armati per le strade su ordine di Cossiga nelle vie del centro, in risposta agli scontri della manifestazione, che lascia la città con le vetrine frantumate, le auto ruote all’aria e i cassonetti strategicamente utilizzati come grandi scudi metallici, mostravano i segni di tre giorni di battaglia, e le scritte sui muri ribadivano flash di odio e promesse di vendetta.

L’ordine di affidare ai blindati dell’Arma il compito di spegnere la rivolta degli studenti dell’Autonomia, impegnati in una durissima guerriglia urbana prima contro Comunione e Liberazione, poi in una serie di scontri con le forze dell’ordine, culminati con la morte dello studente Francesco Lorusso. A Radio Alice c’era anche Antonio, che nonostante la sua gamba offesa dalla poliomielite riuscì a fuggire dai tetti e a non farsi arrestare.

Lo rivedranno suonare successivamente in via Zamboni, sopra un pianoforte a coda, posto sopra le barricate dove si levano le note di una canzone: “Chicago” di Graham Nash. Qualcuno aveva messo un cartello “ Non sparate sul pianista”. Antonio era un figlio dei fiori, un anarcoide, studiava a Bologna, spirito libero lo si vedeva andare in giro con i suoi capelli lunghi e i cani, magro, piccoletto, adorato dalle ragazze per la sua filosofia di vita, era motociclista, aveva una motoguzzi bianca e fu con quella che in un incidente perse la vita a Senigallia insieme alla sua ragazza mentre scendeva qualche mese dopo i fatti di Bologna verso il mare di Campomarino. Carlo Solimena ha pubblicato anche il libro “ Antonio. Una “storia” di amore per la vita negli anni….” sul Suo personaggio.

Comunque Antonio in un modo e nell’altro mi ritornava alla mente quasi a chiamarmi. Mentre Gigi suona un pezzo con la chitarra sotto un albero del parco, circondati da ragazzi che cantano con noi dopo il concerto, qualcuno ci porta scatoli di pizze, altri da bere, si avvicina un signore che ci interrompe.

Nel silenzio chiede “ Chi è l’amico di Antonio rivolgendosi a Gigi ovviamente sia perché se fosse vivo avrebbe la stessa età sia per il look. I miei compagni di viaggio persi non sanno l’uomo di chi parla ed io neanche avevo parlato di Antonio a loro. Così prendo la parola e dico di essere io quello che ha chiesto del loro compaesano e che non sono un suo amico perché per l’età non potrei, ma un curioso della storia.

Il signore è il custode del cimitero e si ricordava dei fatti. Iniziammo a parlare di questo ragazzo morto a 25 anni con la moto. Mi da appuntamento al cimitero il giorno dopo alle 7 del mattino ma non si presenterà. Che storia strana, e come devo essere sembrato strano io agli abitanti di Campomarino che nessuno ricorda Antonio, ma soprattutto ai miei amici di viaggio che poi si sono incuriositi.

Quando nella piazza cade il silenzio, nel buio dell’ombra degli alberi notiamo le ombre dei gatti che ci osservano e si aspettano qualcosa da noi, ma troppo stanchi non badiamo a loro. Quasi all’alba dopo qualche ora di sonno, alle prime luci sento una presenza aggirarsi tra noi in silenzio, avverto il fumo delle sigarette che si accende una dietro l’altra e porta qualcosa in mano.

Inizio ad innervosirmi, mi sveglio e osservo questa donna che gira da un posto all’altro e porta mangiare e bere a questa colonia di gazzi senza padroni che abitano il parco pubblico. Fa avanti e dietro quasi per un ora accendendo sigarette una dietro l’altra. Ho pensato ma questa entità aliena invece di dormire che va facendo ancora notte? Mi alzo e lei timidamente si avvicina incuriosita e mi chiede scusa se ha disturbato. Una donna mite e delicata che mi racconta la sua vita.

L’amore della vita

Ha vissuto a Bologna e per amore si era sposata con un uomo di Campomarino che ha perso durante il covid a causa di complicazioni a malattia pregresse. E stata la prima vittima del paese. Chiedo per dove si entra al cimitero e lei curiosa vuole sapere chi siamo e perché le ho chiesto del cimitero.

La ritroverò li più tardi. Ci va ogni mattina sulla tomba del marito da quando è morto. All’alba dico a Peppe che vado al bar in attesa che si possa entrare al Campo Santo, non mi aspetto che loro mi seguano nella mia stranezza, ma li vedo arrivare per le sette e dopo un caffè mi fanno compagnia nelle ricerche. Il custode non c’è e nessuno mi sa dire dove sia la cappella di famiglia Mariani. Gigi e Peppe iniziano a cercare con me tra le file dei defunti e le cappelle gentilizie.

Chiunque al loro posto avrebbe detto impresa impossibile, lascia andare se no ci perdiamo la giornata al mare. Quasi convinto a mollare, sento una strana comunicazione dalle sfere alte che viene dentro di me a darmi certezza. Già mi è capitata altre volte quando cerco qualcuno nei cimiteri. Chiedo e vengo esaudito.

In quell’istante Peppe Starace mi chiama, lo ha trovato ma la cappella è chiusa. La porte è di vetro e trasparente Ci sono diverse foto di lui. Con la chitarra, vari primi piani e vedo la data della morte 30 giugno 1977 solo tre mesi dopo i fatti di Bologna, solo tre mesi dopo Francesco Lo Russo. Aveva solo 25 anni. Ci riconosciamo…. è uno di Noi.

Una vita vera a 25 anni

Ho imparato che chi nasce con un problema, quindi diverso dalla nascita rispetto la massa impara a fare di quel problema la sua forza. Impara a vedere il mondo come gli altri non possono. La sua poliomielite ha reso Antonio sensibile, non aveva bisogno di distinguersi dagli altri era nato già diverso e soprattutto empatico e sensibile, consapevole di vivere una vita intensa, quella vera e completa in soli 25 anni. Vincendo tutte le limitazioni e le prigioni culturali che questa società continua ad imporre e formare. Non conta quanto tempo ci sei su questa terra ma conta quanto riesci a capire del senso delle cose nel tempo che hai a disposizione.

Preghiera fatta ritorniamo alle moto per andare in spiaggia a fare un bagno. L’amicizia è questa anche senza tempo e senza ragione. Incontrarsi anche senza essersi conosciuti in questa vita, condividere stessi valori e stesse passioni.

Domenica uscirò ancora con la mia Harley ed andrò con gli amici a Pietrelcina dove il nostro straordinario parroco Don Renato, motociclista, chitarrista ma soprattutto grande cuore, ha organizzato un raduno con benedizione dei caschi nella terra di Padre Pio partendo da Cervinara.

Un tratto di strada insieme

Non mi resta che dire grazie a coloro che hanno realizzato un mio desiderio, che hanno realizzato un mio desiderio, che hanno fatto un tratto di strada con me come fratelli, parlato di noi e dei nostri intimi pensieri, perché essere bikers e soprattutto avere a cuore la bellezza della vita e della libertà, ribellandosi alle regole senza logica e del conformismo,
e come la canzone “ Ma che film è la vita, tutta una tirata, storia infinita a ritmo serrato da stare senza fiato, grazie agli amici per la loro comprensione”,
A Gigi Giosuè, Peppe Starace e Giovanni Formato!

Francesco Viola