La Pastiera: un dolce ricco di simboli e religiosità
Pochi giorni alla Santa Pasqua e questo periodo è dedicato alla preparazione di vere e proprie bontà. Come ogni anno vi proponiamo una carrellata di prodotti della tradizione e non potevamo non iniziare con la Pastiera. Si tratta di un dolce tipicamente napoletano ma cittadino caudino a tutti gli effetti. Non dimentichiamo ad esempio che il nome di Cervinara dovrebbe essere legato alla dea Cerere ed ora scopriamo cosa lega questo dolce agli dei e alla reliogiosità.
La Pastiera: un dolce ricco di simboli e religiosità.
Di Tiziano Stefano Izzo
Attenzione! Se state facendo la Pastiera, Dio vi vede. Le losanghe o strisce di pasta frolla vanno fatte ad arte e non storte intorte…La Pastiera è un dolce antico e ricco di Simbologie pagane e cristiane dell’antica Napoli e della nostra Italia.
Infatti la decorazione a grata sulla pastiera in numero di sette strisce (quattro in un senso e tre nel senso trasversale), a croce greca formano la planimetria di Neapolis così come ancora oggi si presenta con i tre Decumani e con i cardini che li attraversano in senso trasversale, rappresentando così, in maniera simbolica, l’offerta alla sirena Partenope sulle rive del mare.
La Pastiera: un dolce ricco di simboli e religiosità
I napoletani incantati dal suo canto la vollero ringraziare ed inviarono tramite le loro devote mogli sette doni:
1) la farina, simbolo di forza e abbondanza;
2) la ricotta, omaggio dei pastori e delle pecore che pascolavano libere nei campi;
3) le uova, simbolo di vita;
4) il grano tenero, bollito nel latte, come simbolo della vita germogliante e rafforzato dal primo alimento della vita; Simbolo di fecondità.
5) l’acqua di fior d’arancio, come l’omaggio più profumato della terra, afrodisiaco di primavera.
6) le spezie come omaggio dei popoli più diversi che a Neapolis trovarono accoglienza;
7) lo zucchero, per esprimere la dolcezza che il canto di Neapolis dona all’universo.
Cristianesimo
Con l’avvento del Cristianesimo le focacce di Cibele, Cerere e altre dee della maternità e fecondità venivano offerte ai neofiti battezzati la notte di Pasqua per ristorarli dal lungo digiuno.
Dopo aver indossato una tunica albina, bianca da qui la Liturgia in Albis che iniziava all’alba di Pasqua dopo una veglia ricca di simboli e letture. Non dovevano perciò in essa mancare gli ingredienti che abbiamo detto, soprattutto le uova simbolo di resurrezione.
La Chiesa, anni dopo, riscoprì questo dolce grazie alle suore di San Gregorio Armeno che, nel loro monastero fondato nello stesso luogo dove sorse il Tempio di Cerere, ricrearono la pastiera con gli attuali ingredienti. Sempre sette e sempre sette le strisce di pasta frolla per completare e conservare l’antico aspetto simbolico sacrale.
Si dice che dal convento uscisse un profumo di millefiori e di dolci che consolava i poveri di Napoli. E ogni nobile ne comprava uno per la sua famiglia e uno per una famiglia povera. Come il caffè sospeso.
“E Magnatell na risat”
Re Ferdinando II di Borbone aveva una moglie probabilmente depressa e che non sorrideva mai, allora goloso di pastiera pregò Maria Teresa di mangiarne una fetta, al mordere il dolce buonissimo, la donna accennò ad un sorriso…e il Re le disse una frase poi divenuta un detto famoso : ” E MAGNATELL NA RISAT”.
Da ricerche su libri, web, interviste a sacerdoti e alla Pasticceria Moccia di Napoli dove per anni il ho assistito alla preparazione e ai cunti o racconti dei vari dolci di origine religiosa
Prof. Tiziano Izzo
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