Questi sono solo piccoli appunti di giornalismo locale, nessun trattato dedicato all’informazione e, soprattutto, nessuna lezione di deontologia.
Nelle ultime settimane si sono moltiplicati gli attacchi a chi fa informazione locale e, tra questi, anche al Caudino.
Nella nostra situazione, in particolare, c’è qualche personaggio “divertente” che segnala continuamente le pagine social agli amministratori provando a farle considerare come “spam” e cercando di imporci dei “blocchi”. Poco male. Il traffico del sito non vive solo di Facebook e, soprattutto, quello del Caudino è un account monitorato e quindi immune a questo tipo di attacchi.
La cosa che emerge, però, è una volontà (di pochi, ovviamente) a zittire chi fa informazione. Una sindrome fascista, insomma.
E riguarda sempre più spesso la politica.
Un esempio? Se scriviamo che tra Rotondi e Cervinara c’è un’emergenza legalità siamo “strumento nelle mani dell’opposizione” o “infanghiamo” i nomi dei paesi. Quando, poi, diamo conto di riunioni riservate dell’opposizione diventiamo improvvisamente un sito “foraggiato dai sindaci” che “distrugge ogni partecipazione democratica”.
Perché è cosi difficile per qualcuno pensare che una notizia si dà e basta? Perché c’è una forte allergia alla critica soprattutto in chi fa politica?
Come mai nessuno giudica i siti e i giornali locali come elementi da valorizzare per far crescere il territorio?
E’ cosi difficile capire che è grazie al Caudino, a Rete Sei e a User Tv (nel versante irpino della Valle) se certe situazioni vengono alla luce e se è possibile creare un dibattito intorno ad un qualsiasi tema?
E non è solo la politica. Guai a dare conto delle scelte dei preti in Valle Caudina: gli altari diventerebbero dei tribunali contro i giornalisti.
Senza contare certe “associazioni” che non vogliono minimamente leggere un parere contrario.
Per amor di patria, infine, non tocchiamo la questione criminalità organizzata.
E allora cosa resta?
Un lungo cammino da fare anche nelle nostre comunità, cercando di capire che l’informazione è tale e basta, che anche i giornalisti sbagliano e che dare le notizie può solo aiutare la società a crescere.
Ultimo appunto: chiamare un giornalista “giornalaio”, a parere di chi scrive, non è affatto un’offesa. Senza il lavoro certosino dei giornalai, infatti, i giornalisti (almeno quelli della carta stampata) non sarebbero mai esistiti.
Angelo Vaccariello
@angelismi
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