Montesarchio: la storia del Vaso di Assteas diventa un film

Redazione
Montesarchio: la storia del Vaso di Assteas diventa un film

Montesarchio.Circondato dalle suggestive copie in gesso dei maggiori capolavori dell’arte antica della Gipsoteca, il documentario su Assteas e sul meraviglioso Cratere del Ratto di Europa viene proiettato per la prima volta al Museo dell’Arte Classica della Sapienza. A ospitare la proiezione è l’Aula Odeion, una sala le cui forme architettoniche contemporanee strizzano l’occhio all’antichità ricalcando le forme dei teatri greci d’età classica.

D’altronde, il Museo dell’Arte Classica della Sapienza è uno dei tanti enti che hanno collaborato, supportato e sostenuto il progetto della realizzazione del documentario. Il film, prodotto senza alcun scopo di lucro, sarà proiettato per la prima volta mercoledì 13 novembre alle ore 17:00. L’ingresso è gratuito.

 

IV secolo a.C.: in una bottega dell’antica Poseidonia/Paistom il maestro Assteas, uno dei più celebri ceramisti e ceramografi di tutta la Magna Grecia, plasma e dipinge un meraviglioso cratere, uno di quegli enormi vasi che erano utilizzati nei banchetti simposiali per mescere l’acqua con il vino (all’epoca decisamente più forte e liquoroso). Su di esso, Assteas raffigura il rapimento da parte di Zeus (sotto forma di toro) della bellissima principessa fenicia Europa, figlia del re di Tiro Agenore. Con una delicatezza e un’eleganza a dir poco poetica l’artista tratteggia il volo del toro sulle acque del Mediterraneo, una folla di dèi e creature marine che assistono al ratto, il candore del massiccio bovino, l’elegante panneggio e la folta chioma riccia di Europa. Dopo tanta fatica, il capolavoro che ne viene fuori è così bello e suggestivo che il maestro sente l’impulso irrefrenabile di porvi sopra un sigillo imperituro: prima di cuocere il vaso, con un minuscolo puntello incide “ΑΣΣΤΕΑΣ ΕΓΡΑΦΕ“, “lo ha dipinto Assteas“. Il vaso viene venduto a un nobile sannita caudino, forse committente stesso del vaso, proveniente da Saticula. Come moltissime ceramiche antiche, il Cratere di Assteas finisce a far parte del corredo funebre e rimane sepolto in una tomba a far compagnia al defunto per circa 2300 anni.

1979: in un’area tra Dugenta e Sant’Agata de’ Goti un bracciante di nome Antimo Cacciapuoti sta scavando un terreno per tracciare una condotta quando si imbatte fortuitamente in una tomba caudina. Tra i tanti oggetti conservati nel corredo, ad attirare subito l’attenzione del contadino-operaio è il bellissimo Cratere del Ratto di Europa. Per quanto ignorante in materia, Antimo sa benissimo che quel vaso ha un valore artistico ma soprattutto economico incalcolabile. Quell’antichissimo vaso potrebbe essere la sua gallina dalle uova d’oro, indi per cui decide di prenderlo e tenerlo per sé. Quello che Antimo non sa è che quello che ha tra le mani è il “vaso più bello del mondo”…

Chi è Assteas? Quante avventure e vicissitudini ha vissuto quel vaso che oggi porta il suo nome? Perché qualcuno lo ha definito “Il vaso più bello del mondo”?

Da Paestum fino a Malibu, per poi arrivare a Sant’Agata de’ Goti e a Montesarchio: ripercorrere la storia del Vaso di Assteas significa intraprendere un viaggio lungo 24 secoli attraverso luoghi ed epoche perdute nel tempo. Obiettivo di questo documentario è ricostruire tutti i passaggi di quest’emozionante avventura.

La resa del documentario è stata possibile grazie alla collaborazione di enti importanti quali il Museo dell’Arte Classica dell’Università Sapienza, alcuni comuni caudini, del Museo Nazionale del Sannio Caudino e di tante meravigliose personalità che hanno creduto nel progetto, dal ceramista Roberto Paolini, che nel documentario spiega i procedimenti ceramici adottati dal maestro Assteas, fino al Cavalier Roberto Lai, il Luogotenente del Reparto Operativo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale che nel documentario racconterà l’indagine che ha permesso la restituzione del vaso.

Tra gli intervistati del documentario c’è anche il più famoso critico d’arte italiano: Vittorio Sgarbi. Il documentario infatti contiene un’interessante intervista al dott. Sgarbi il cui tema centrale è proprio la valorizzazione di reperti trafugati e di capolavori dell’arte antica: come si può rendere giustizia a opere d’arte che negli Stati Uniti vengono viste da milioni di turisti mentre in Italia si devono accontentare di poche migliaia di visitatori, formate per lo più da scolaresche?
Vittorio Sgarbi, provocatoriamente come sempre, propone una soluzione, con opportuni e adeguati parallelismi a opere affini al Vaso di Assteas quali la Dea di Morgantina, il Lisippo di Fano e i Bronzi di Riace…